Adeguandosi alla sentenza del 3 febbraio 2012 della Corte di Giustizia Internazionale che aveva riconosciuto ad uno Stato «l’immunità in procedimenti per illeciti presumibilmente commessi sul territorio di un altro Stato dalle proprie forze armate» il Parlamento italiano aveva promulgato la legge n. 5 del 14 gennaio 2013, escludendo la possibilità d’intervento della giurisdizione nazionale in ordine ai crimini di guerra compiuti dall’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale.

A seguito della presentazione delle istanze di familiari delle vittime deportati nei lager tedeschi, ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge e con essa, soprattutto, il principio di immunità degli Stati, ovvero la non competenza di un giudice italiano in merito ai risarcimenti per crimini di guerra. Dunque per la Consulta «il principio dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, generalmente riconosciuto nel diritto internazionale, non opera nel nostro ordinamento qualora riguardi comportamenti illegittimi di uno Stato qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità ».

Se nella misura giuridica questa sentenza riapre le relative questioni della responsabilità degli Stati e del diritto ai risarcimenti per le vittime dal punto di vista storico evidenzia una volta di più la necessità dei conti con un passato prossimo del continente europeo evitati a lungo in ossequio alla ragion di Stato.

Quella dei crimini di guerra è senza dubbio materia complessa non solo in relazione alle difformità degli ordinamenti giuridici ma soprattutto in ordine agli equilibri ed alla storia degli Stati fondatori dell’Unione europea. Gli anni della Guerra Fredda e della divisione bipolare e trasversale delle società europee ebbero un peso decisivo nell’imposizione di quello che è stato definito un «oblio Stato» che in nome della fine della guerra mondiale e della ridisposizione delle alleanze internazionali imposero il silenzio e garantirono l’impunità di un personale politico e militare molto spesso riciclato e riciclabile nelle strutture e negli apparti degli Stati. Così i due ex alleati nazifascisti, Germania e Italia, ritrovatisi di nuovo insieme ma su un fronte comprendente gli ex nemici Stati uniti, Inghilterra e Francia, definirono sulla base di una «realpolitik» largamente condivisa un principio praticato ma non enunciato: il primato dello Stato sul diritto dei popoli.

Sulla base di questa «costituzione immateriale» ma operante fu possibile garantire l’impunità come elemento prodromico alla continuità, e derubricare già nell’immediato dopoguerra i crimini di guerra a questione aperta e chiusa col processo di Norimberga.

Delle numerose e impunite stragi naziste in Italia, dei crimini di guerra italiani nei Balcani e in Grecia, delle condotte spesso criminali e perché contro i civili delle truppe alleate nei territori liberati, basti pensare alle quelle commesse dal Corpo di Spedizione Francese nel basso Lazio o all’arrivo delle truppe sovietiche a Berlino, si fece un enorme armadio ad ante chiuse apribile solo a tempo debito. Quel tempo finalmente appare arrivato.