Sul lungomare di Salerno il torrente Fusandola termina la sua corsa nel Mar Tirreno correndo dentro uno «scatolone» in cemento armato. È un alveo artificiale, il risultato di una scelta urbanistica: la deviazione venne autorizzata il 12 maggio 2009, nell’ambito del Piano urbanistico attuativo che avrebbe trasformato per sempre la località Santa Teresa, con la realizzazione del «Crescent», un grande edificio a destinazione commerciale-residenziale progettato dall’archistar Ricardo Bofill, e di «piazza della Libertà» (dando il via ai lavori mai conclusi, sempre nel 2009, l’allora sindaco Vincenzo De Luca, oggi presidente della Regione Campania, aveva detto «stiamo scrivendo la storia di Salerno»).

OGGI, PERÒ, quello «scatolone» riporta alla memoria dei cittadini di Salerno uno dei drammi dimenticati o rimossi della città campana: è la grande alluvione dell’ottobre del 1954, che causò un centinaio di morti, e che vide l’esondazione del torrente Fusandola.

A richiamare il ricordo è la relazione tecnica del consulente incaricato dal pubblico ministero Carlo Rinaldi, sostituto procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, chiamato a verificare la «regolarità dell’iter tecnico-amministrativo di autorizzazione dei lavori di sistemazione idraulica del torrente Fusandola in Salerno», come si legge nella relazione depositata che il manifesto ha potuto consultare.

Il consulente conclude la sua analisi spiegando come, «sia per effetto della trincea di sbarramento presente nell’alveo tombato del torrente, sia per effetto dell’insabbiamento del tratto terminale del torrente, vi è il rischio che la corrente idraulica non riesca a defluire regolarmente generando fenomeni di rigurgito verso monte e che, oltre a mandare in pressione lo scatolare in cemento armato, possono determinare la fuoriuscita di acqua anche in corrispondenza del tratto iniziale dell’alveo tombato posto in corrispondenza di via Fusandola con conseguente verificarsi di pericolosi fenomeni di esondazione».

Chi ha redatto il progetto di deviazione, cioè, avrebbe mancato di considerare che l’insabbiamento, nei pressi della foce, non è un fenomeno legato esclusivamente al «trasporto solido effettuato dalla corrente quando questa proviene da “monte”», ma che il mare lo acuisce. La deviazione del Fusandola, quindi, aumenta il rischio idrogeologico nel centro storico e nel lungomare di Salerno. L’intervento – spiega la relazione – «nasce da esigenze di carattere meramente urbanistiche ed edilizie», perché se il torrente non fosse stato deviato avrebbe interferito con le opere infrastrutturali del Crescent e di Piazza della Libertà.

ALLA CHIUSURA delle indagini, il pm Rinaldi ha iscritto nel registro degli indagati dodici persone. Sono tecnici che hanno lavorato al progetto per la riqualificazione dell’area di Santa Teresa. Le ipotesi di reato sono abuso edilizio e falso. In particolare, ci sarebbero le difformità tra il progetto definitivo e quello esecutivo, con riferimento allo spostamento del torrente Fusandola.

QUESTA VICENDA, però, non può essere letta se non in continuità con la vicende del Crescent e di Piazza della Libertà. Lo hanno ricordato nelle scorse settimane, nel corso di una conferenza stampa, il Comitato «No Crescent» e Italia Nostra Salerno, che da dieci anni sono impegnati in una battaglia civica e politico-amministrativa contro la costruzione dell’immobile. «La consulenza depositata nel procedimento profila un rinvio a giudizio», spiega al manifesto l’avvocato Pierluigi Morena, presidente del Comitato «No Crescent». Il rischio esondazione è «un disastro creato ad arte, costruito meticolosamente» sottolinea Morena. «La perizia conferma le nostre denunce – sottolinea l’architetto Vincenzo Strianese, anche lui “No Crescent” -. E aggiunge un elemento, la riduzione della portata, con una serie di occlusioni, probabilmente passaggi dell’impianto fognario, che ha ridotto la sezione del manufatto in cemento».

SOTTOLINEA, STRIANESE, che «senza questa deviazione non sarebbe stato possibile nemmeno immaginare il Piano urbanistico attuativo legato alla ex spiaggia di Santa Teresa. Ma la natura appare come un’interferenza rispetto all’artificio umano». La deviazione del Fusandola, secondo il consulente, non avrebbe mai potuto essere realizzata, in quanto l’autorizzazione idraulica è espressamente vietata in casi del genere (e in ogni caso, non è mai stata rilasciata dal Genio civile di Salerno). «Un torrente può essere deviato solo per motivi di sicurezza e non ci sembra che questo sia il caso», ha detto in conferenza stampa l’avvocato Oreste Agosto.

NEL 2014, in occasione del sessantesimo anniversario dell’alluvione di Salerno, mentre De Luca inaugurava una targa commemorativa, il comitato «No Crescent» scriveva al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nei giorni tragici dopo l’alluvione di Genova causata dal torrente tombato Bisagno: «Ci affidiamo alla Sua autorevolezza e sensibilità affinché Voglia intervenire, in via preventiva, per richiamare le Autorità competenti a necessari controlli e verifiche sul torrente Fusandola, perché siano ripristinate la legalità e la sicurezza, evitando, in tal modo, sicuri rischi per un’area troppo sensibile. Sarebbe una buona occasione per dare un segnale di coerenza e di attenzione verso l’ambiente violato e la legalità ferita, una buona occasione per dare un’attuazione concreta a valori di rilievo costituzionale».

OGGI i «No Crescent» chiedono il «ripristino dell’alveo originario del torrente». Per farlo, si dovrebbe abbattere il Crescent, una richiesta già avanzata a fine 2013 all’allora ministro dei Beni culturali Massimo Bray, dopo che il Consiglio di Stato, con sentenza definitiva del 23 dicembre 2013, aveva annullato le autorizzazioni paesaggistiche dell’intero comparto edilizio. Il Codice dei beni culturali e del Paesaggio, all’articolo 146, prevede infatti la «riduzione in pristino» per le opere realizzate in area vincolata prive di autorizzazione paesaggistica, o con autorizzazione illegittima.

Il Crescent è un «abuso insanabile», di cui è tuttavia difficile immaginare davvero l’abbattimento, in particolare dopo che nell’autunno del 2018 si è chiuso il processo avviato nel 2014, e che vedeva tra gli imputati anche l’attuale presidente della Regione Campania, assolto da tutti i capi d’accusa in merito all’iter urbanistico legato al Piano urbanistico attuativo (i «No Crescent» promettono un ricordo). Il sogno di De Luca, però, appare quanto meno incrinato: Piazza della Libertà, ad aprile 2019, è quella che vedete in queste pagine: un’enorme piscina all’aperto, sotto un gigantesco edificio disabitato. Dieci anni dopo, la promessa «riqualificazione» del lungomare di Salerno è rimasta sulla carta.