Bisogna essere davvero malpensanti per immaginare che una delle figure più papabili per una presidenza della repubblica targata destra e la leader di quello che i sondaggi accreditano come il primo partito della destra si incontrino e parlino di presidenza della Repubblica! Certo nella cittadella della politica quasi non si parla d’altro ma Giorgia Meloni e Letizia Moratti no. Vecchie amiche, hanno chiacchierato un po’ di tutto tranne che del Colle. Poi, ci tiene a sottolineare l’amico Salvini, «l’incontro a pranzo in una trattoria del centro non era segreto». E si sa che di Quirinale si bisbiglia solo al riparo da occhi indiscreti.

TUTTO PUÒ ESSERE, anche se crederci non è facile. Ma in fondo sapere se il chiodo fisso dei politici italiani sia spuntato tra una portata e l’altra anche nell’amichevole pranzetto importa poco. Se Berlusconi dovrà cedere il passo, come gli costerebbe moltissimo fare e come dunque farà solo se agguantare il Quirinale gli si paleserà come impossibile, la candidatura di Letizia Moratti sarà inevitabilmente in campo, tanto che da settimane nelle aree forziste milanesi il nome dell’assessora al Welfare con una sfilza di cariche alle spalle rimbalza da un salotto all’altro. È una delle chimere, o forse delle concrete possibilità, che tentano in questi giorni l’intera destra, sorella Giorgia inclusa: un presidente insediato dalla destra, caso più unico che raro nella storia della Repubblica.

MELONI STESSA nomina l’opzione che terrorizza il Pd: «Dopo tanti presidenti che rappresentano la stessa area potremmo averne uno che rappresenta la maggioranza di centrodestra», confessa speranzosa. Il primo nome in campo, s’intende è quello del presidentissimo: «Voto Berlusconi se conferma di volersi candidare. Bisognerà chiederlo». L’occasione per farlo si presenterà giovedì, nel vertice del centrodestra che avrà il nodo del Colle come piatto forte. E i leader dovranno almeno cominciare a ipotizzare una strategia. Dovranno cioè iniziare ad affrontare il dilemma: accettare l’unica presidenza super partes possibile, quella di Draghi, oppure tentare il colpaccio, la conquista secca del Quirinale. Ipotesi allettante, tanto più che intorno al nome del candidato di destra, soprattutto se non fosse quello del capo azzurro, si potrebbe aggregare una maggioranza più vasta. Renzi, almeno a parole, non ha chiuso tutte le porte neppure all’ipotesi Silvio. Coinvolgerlo su un nome meno discutibile, come quello appunto di donna Letizia o chi per lei, non dovrebbe essere impossibile. Persino Conte socchiude uno spiraglio e forse qualcosina in più: «Non ho motivo per non riconoscere a Letizia Moratti qualità morali».

MA PRIMA DI LANCIARSI in voli pindarici bisogna sciogliere l’incognita principale in campo, dunque l’opzione Mario Draghi. L’Omicron ha sgambettato seriamente il premier: abbandonare palazzo Chigi con nuove regole rigide varate di fresco, come avverrà tra poco, non è facile. La Lega poi è ormai palesemente ostile, e non solo l’area del leader. Anche Zaia, per molti versi più vicino a Giorgetti che a Salvini, aggiunge il suo mattoncino al muro anti Mario: «Mi dispiace se ha altri progetti ma è meglio che resti a palazzo Chigi».

CON LO SCHIERAMENTO parlamentare dato la partita sembrerebbe già chiusa. Se non fosse che la mina, per la destra, molto più che non il nome dell’eventuale candidato è il cosa fare dopo averlo eletto, e si tratta di una mina in grado di far deflagrare tutto. È in nome del voto politico a stretto giro che Meloni è pronta a incoronare patriota e presidente Draghi, ed è per evitare quella temuta ipotesi che Salvini ha deciso di puntare i piedi contro il trasloco da Chigi al Colle. Molto dipenderà dalla determinazione dello stesso premier che ieri ha incassato, sul fronte del capitalismo europeo e dei suoi autorevoli megafoni, il sostegno del Financial Times, di parere opposto a quello dell’Economist: «Può servire meglio l’Italia come presidente della Repubblica». Ma cosa voglia davvero fare Draghi, nel nuovo quadro determinato dall’arrivo di Omicron, lo si capirà, forse, domani, nella conferenza stampa di fine anno.