La prima visita in Iran dell’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton, ha chiarito il divario tra le autorità iraniane che credono di aver già concluso l’accordo sul nucleare e la comunità internazionale, ancora scettica sulle intenzioni di Tehran.

Ashton ha dichiarato che: «Non c’è garanzia» che le trattative portino all’accordo finale entro luglio, come previsto dall’intesa approvata a Ginevra il 24 novembre 2013 e confermata nell’accordo tecnico di Vienna a febbraio. La posizione di Ashton è in linea con il pessimismo dei conservatori iraniani. La guida suprema Ali Khamenei si era dichiarato pessimista sul risultato dei colloqui, per tenere a bada la dura opposizione dei radicali, vicini all’ex presidente Mahmud Ahmadinejad, contrari all’intesa. Il ministro degli Esteri Javad Zarif ha però assicurato che in quattro mesi si potrebbe raggiungere l’accordo definitivo sul nucleare, determinando la fine delle sanzioni internazionali che hanno messo in ginocchio l’economia iraniana.

Eppure, la visita di Ashton a Tehran, la prima a sei anni dalla missione di Javier Solana nella capitale, ha mandato su tutte le furie il premier israeliano. Netanyahu ha ricordato che solo la scorsa settimana è stata sequestrata una nave iraniana (per Tel Aviv, con missili balistici M-302 a bordo) a largo delle coste sudanesi. Nei colloqui con le autorità iraniane si è discusso della possibile apertura di un ufficio europeo di rappresentanza in Iran e della crisi siriana. Il presidente moderato Rohani ha auspicato rinnovati «legami strategici» con l’Ue in campo energetico e degli scambi commerciali. Dal canto suo, Ashton ha aggiunto che la sua visita «dimostra la volontà dell’Ue di avere relazioni migliori e più efficaci». L’incontro è avvenuto a poche ore dalla decisione della Commissione parlamentare tedesca per gli affari Esteri di approvare un sostanziale alleggerimento delle sanzioni nei confronti di Tehran. Eppure se la linea del ministro degli Esteri Javad Zarif viene appoggiata dai conservatori, continuano le censure delle riforme.

L’attivista Maryam Shafipour, 27 anni, è stata condannata a 7 anni di prigione dalla Corte rivoluzionaria di Tehran. Espulsa dall’Università, è accusata di avere avuto contatti continuativi con i leader riformisti Hussein Moussavi e Megdi Karroubi, da tre anni sottoposti a misure restrittive. Come se non bastasse, il sostenitore dei riformisti e ideatore delle proteste anti-regime del 2009, Razavi Faghih è stato arrestato, dopo aver organizzato una riunione di attivisti a Hamedan. Sospeso – infine- per sei mesi il quotidiano Bahark, per aver criticato il ruolo politico della leadership religiosa. Il suo direttore, Saeed Pourazizi, è stato condannato a tre mesi di prigione.