Intendo descrivere e riflettere su Crepuscolo un dipinto conservato nella Collezione Gabbiani del Museo Civico di Barletta. Si tratta di un olio su tela che misura 21,5 per 40,5 centimetri opera di Michele Cammarano.

Nato a Napoli nel 1835, garibaldino nel 1860, nel 1870 nella Parigi dei comunardi Cammarano è in contatto con Gustave Courbet. L’anno seguente esegue il celebrato I bersaglieri alla presa di Porta Pia, quadro di grandi dimensioni (tre metri e mezzo per cinque e mezzo) condotto con realistica magniloquenza e con il proposito di rappresentare emblematicamente l’evento che corona i voti risorgimentali, fissandone l’epopea nell’impeto travolgente della prima linea di combattimento.

Opera che, con altre imprese altisonanti, di dimensioni monumentali e di consimile argomento patrio (quali La battaglia di San Martino e La battaglia di Dogali) dette a Cammarano il riconosciuto prestigio e la fama. Grandi fondali animati da un potente intento, insieme, di verità e di epica.

Pure, la pittura di Cammarano, a mio giudizio, non è qui che ottiene i risultati più importanti. Essi risiedono, ne sono convinto, in tele e tavole di piccola dimensione che testimoniano una pura ricerca applicata in primo luogo al paesaggio.

È appunto il caso di Crepuscolo che prendo ora in considerazione.

La tela è divisa orizzontalmente in due bande di equivalente altezza. Nella superiore predomina il grigio che, verso destra, in alto, quasi riflesso di un vapore di luce dalle tonalità giallastre che lo attraversa al centro, si stempera in cilestrino. La banda inferiore si attiene ai toni cupi dei verdi e, in certi punti e brani, li volge ad un terra scuro che li oscura, li abbuia.

È opportuno non convertire immediatamente questi caratteri cromatici traducendoli in ‘cielo’ e ‘distesa di campo’. La valenza e le virtù intrinseche dei colori prescelti e il loro commettersi è ciò che fa il ‘campo’ e il ‘cielo’ di questo Crepuscolo di Cammarano e non viceversa.

È infatti il dato cromatico a conferire la luce crepuscolare che questo dipinto partecipa come stato d’animo prima di illustrarla come ‘veduta’ o ‘paesaggio’. Fino al punto che la resa naturalistica, anche se percepita prontamente, lascia intatte le correlazioni dei colori nella loro assolutezza. Il vedere dell’occhio che, fisso al quadro, riconosce l’immagine di un cielo e di un campo, si volge in un immediato patire: il patema che il calar della luce diurna (e d’ogni luce che flebilmente si spenga) induce. Turbamento, attesa, sgomento.

A metà della banda inferiore una breve stria rossa, accennata appena, evoca l’ardere lontano d’una fascina. Esala una fumea grigia che sale lenta verso i grigi plumbei della fascia superiore, verso quel chiarore che, abbiam detto, la lambisce. Perché è la sera che scende inesorabile a anticipare negli scuri del campo il buio fondo della notte che viene.

E senza più luce è già il frondame d’un albero, ferma macchia il centro del dipinto che temi possa espandersi a tutto coprire d’una caligine nera. Mane nobiscum Domine quoniam advesperascit chiedono a Cristo i due che da Gerusalemme sono sulla via di Emmaus: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» (Luca, 24, 28-29).

La valentia del mestiere ed il vigore dell’esecuzione che contrassegnano le grandi epopee dipinte da Cammarano cedono qui alla genuina grandezza dell’artista. Opere celebrate dai contemporanei lasciano alla sensibilità dei posteri l’apprezzamento di risultati che sembrarono trascurabili o minori.

Crepuscolo bene si presta a rendere palmare questa distanza di punti di vista ovvero di valutazioni critiche e variazioni del gusto. Ad una valutazione ‘storica’, Cammarano è tenuto in conto come l’autore dei grandi scenari significativi dell’Italia tra Porta Pia e Dogali.

Ad una riflessione teorica sulle vie della pura ricerca pittorica Porta Pia, San Martino e Dogali sono studi preparatorii di Cammarano, l’autore memorabile di Crepuscolo. E potrebbe esserlo di quest’unico quadro, bastevole a serbarne la ammirata memoria tra i pittori che son venuti dopo di lui.