I crauti, un contorno tipicamente autunno-invernale, non sono altro che cavoli cappucci (Brassica oleracea var. capitata) finemente affettati e sottoposti ad un processo controllato di fermentazione. Nell’Europa settentrionale si fa lo stesso anche con barbabietole, rape, cetrioli. Non siamo tuttavia i soli ad apprezzare questo tipo di alimenti. In oriente la fermentazione prolungata della soia dà origine ad una serie di prodotti (shoyu, tamari, miso, tempeh) consumati giornalmente. In Vietnam una salsa fermentata di pesce, il nuoc-mam, accompagna molti piatti tradizionali. Anche l’antica Roma vantava la sua salsa di pesce fermentata, il garum, molto richiesta dai gladiatori e dagli atleti. In Africa dalla fermentazione della farina di miglio si ricavano minestre molto digeribili. Nei Balcani la fermentazione del latte ci dà lo yogurt e il kefir. Diversi alimenti fermentati (si pensi al pane e al formaggio) sono da sempre uno dei pilastri della dieta di tutte le popolazioni che vivono sulle rive del Mediterraneo.

Come mai da millenni l’uomo ha via via perfezionato questa tecnica di trasformazione dei cibi? La fermentazione è un processo che dona agli alimenti caratteristiche aromatiche e di digeribilità del tutto nuove e peculiari. Durante la fermentazione vengono inattivate sostanze antinutritive che si trovano, ad esempio, nella crusca dei cereali o nei legumi e il tenore vitaminico aumenta considerevolmente. I microrganismi responsabili della fermentazione producono enzimi che digeriscono e rendono più assimilabili le proteine, i grassi e i carboidrati. In seguito al consumo regolare di alimenti fermentati la flora batterica intestinale viene rinforzata. Ogni volta che mangio un po’ di crauti mi ricordo di Nicola Arigliano, eccelso cantante jazz e conosciutissimo anche per i caroselli del Digestivo Antonetto («Lo potete prendere anche in tram!»). All’inizio degli anni Novanta ero responsabile della redazione di una rivista specializzata su temi di alimentazione e medicine non convenzionali. Dopo la pubblicazione di un articolo sui crauti, ricevo la telefonata del cantante. Voleva delucidazioni sulla preparazione domestica dei crauti (al tempo viveva nella campagna reatina), una pratica che, mi confidò, era osteggiata dai famigliari che non sopportavano lo scoppio dei vasetti in fermentazione riposti nella credenza di cucina.