Dopo quindici mesi dalla richiesta della procura di processarlo, Denis Verdini è stato rinviato a giudizio per il crack del Credito cooperativo fiorentino. La banca, di cui il coordinatore di Forza Italia era stato presidente per vent’anni, era stata commissariata da Bankitalia nel 2010 e poi avviata alla liquidazione coatta amministrativa. Era l’effetto diretto di una gestione patologica dell’istituto di credito, tale da portare i pm ad accusare Verdini di associazione a delinquere in concorso con il consiglio di amministrazione e i sindaci revisori, bancarotta fraudolenta, truffa ai danni dello Stato per i finanziamenti ricevuti dai giornali locali del suo gruppo editoriale, illecito finanziamento a partiti e fatturazioni inesistenti.

L’inchiesta sugli affari dello storico braccio destro di Silvio Berlusconi era nata nel 2008, come tranche della maxi indagine dell’allora procuratore Giuseppe Quattrocchi e dei suoi sostituti sulla cricca del G8 e della Protezione civile. Seguendo il filo dei finanziamenti ottenuti dalla società di costruzioni Btp di Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei, i carabinieri del Ros avevano puntato l’obiettivo sulla piccola banca della Piana fiorentina di cui Verdini era l’incontrastato dominus. Alla fine delle indagini i pm avevano ricostruito 34 diversi casi di distrazione di fondi, per circa 100 milioni di euro, a vantaggio di società e persone fisiche che non avevano le necessarie garanzie, e che erano già molto indebitate verso il sistema bancario, ma che avevano l’indubbio vantaggio di essere legate all’allora coordinatore del Pdl.

Se la più grande beneficiaria dei finanziamenti della banca era la Btp di Fusi e Bartolomei, entrambi rinviati a giudizio, anche Marcello Dell’Utri compariva nella lunga lista dei debitori del Ccf, per tre milioni e 200mila euro che gli erano stati concessi in prestito dal cda presieduto da Verdini. Ora la posizione di Dell’Utri è stata stralciata dal giudice dell’udienza preliminare Fabio Frangini, che nell’ordinanza di rinvio a giudizio ha spiegato che l’imputato non può essere processato senza un’ulteriore richiesta di estradizione al Libano per i reati contestati dal tribunale di Firenze. Il dispositivo del gup sarà quindi trasferito alla Procura generale per la richiesta di estradizione suppletiva, mentre il giudice Frangini ha fissato per Dell’Utri una nuova udienza a settembre.

In parallelo all’inchiesta della magistratura, sul Credito cooperativo fiorentino si erano posati anche gli occhi di Bankitalia. Il risultato delle ispezioni era stato analogo a quello ricostruito dalla procura: l’istituto di credito aveva erogato finanziamenti in contrasto con le norme creditizie, e con le regole di una corretta gestione aziendale e la prassi bancaria, sottraendole alle finalità cooperative e compromettendo gli equilibri economico finanziari della banca. Prova ne sono le ulteriori accuse a Verdini, cda, revisori dei conti e dg della banca di ostacolo all’attività di vigilanza e false comunicazioni sociali. Effetto quest’ultimo dell’ultimo bilancio approvato prima del commissariamento di Bankitalia, quando ai soci del Ccf era stata illustrata l’esistenza di 74,5 milioni di crediti deteriorati, mentre l’importo reale oscillava fra i 125,8 e i 175,5 milioni.

L’udienza preliminare si è chiusa con il rinvio a giudizio di 47 dei 69 iscritti nel registro degli indagati. Ventuno i proscioglimenti, fra di loro anche la moglie di Verdini, Simonetta Fossombroni, e il fratello Ettore Verdini. Rinviato a giudizio invece il braccio destro di Verdini in Toscana, l’onorevole forzista Massimo Parisi. La prima udienza del processo è stata fissata per il 21 aprile 2015, intanto l’ex Credito Cooperativo Fiorentino dopo la liquidazione è stato inglobato in Chianti Banca, restando nell’orbita della banche di credito cooperativo.