Dopo Francesco Greco, a San Macuto arrivano i suoi sostituti Stefano Ciavardi e Giordano Baggio, chiamati dalla commissione di inchiesta sulle banche per il disastro del Monte dei Paschi. E’ l’occasione per fare giustizia delle tante suggestioni e fake news che segnarono i primi mesi del 2013, quando la banca più antica del paese esplose sotto il peso, nell’ordine, di malagestione; azzardi; tentativi di nascondere lo sporco sotto il tappeto; e anche comportamenti penalmente rilevanti.
I due magistrati requirenti, impegnati a Milano nel processo più importante su Mps, sono espliciti. A partire dalla fantomatica tangente legata all’acquisto a prezzi folli di Antonveneta. Ma la presunta “stecca” non è mai stata trovata dalla procura di Siena, ricordano i pm, e quando le indagini passarono a Milano nell’estate 2014 erano passati già sei anni, troppi per indagare. Per Antonveneta, ha comunque annotato Baggio, “non è stato possibile per Mps effettuare una due diligence completa: è stata comprata una banca a scatola chiusa, ed è stata una decisione infelice. Poi quello che è stato fatto è di occultare le perdite”.
A seguire, appunto, le ristrutturazioni dei derivati Alexandria e Santorini. Che hanno riflessi penali ma, avverte Ciavardi, “nulla c’entrano con la crisi di Mps. A incidere è stata la crisi del sistema. Mps aveva una quota di titoli di Stato doppia rispetto alle altre banche. Quando è scoppiato il problema del debito sovrano, ha sofferto più delle altre. Inoltre i npl sono un altro capitolo importante della crisi”. Insomma: “Ci sono, con ogni evidenza, cause strutturali”.
Capitolo controlli. “Che ci fossero parecchie cose che non andavano, leggendo le ispezioni di Bankitalia, era evidente. Anche il mercato lo aveva capito, e così il titolo scendeva”. Quanto al famigerato prestito Fresh del 2008, i vertici di Rocca Salimbeni “sapevano che le autorità di vigilanza avrebbero scrutinato l’istituto, cosa che però avviene alla conclusione dei contratti. Questi non vengono fatti vedere prima alla Banca d’Italia, che aveva comunque rilevato anomalie”.
Civardi ha inoltre sottolineato: “L’autorità di vigilanza aveva lanciato molti warning sulla patrimonializzazione propedeutica all’acquisto di Antonveneta”. Allarmi rimasti inascoltati. Forse perché, come sostengono Elio Lannutti di Adusbef e il giornalista Claudio Fracassi nel loro libro “Morte dei Paschi”, l’affaire Antonveneta intrecciava politica e finanza ai più alti livelli.
Infine la cosiddetta “banda del 5%”: “Alcuni manager del vecchio Mps avevano operato un imponente scudo di somme di denaro. I broker di Enigma, d’accordo con loro, avevano aperto una serie di conti correnti in giurisdizioni offshore, gestiti attraverso San Marino e approdati in banche di Singapore. Un nome importante è quello di Gianluca Baldassarri, che è emerso abbia scudato somme per 17,8 milioni di euro”.
Quanto alla posizione di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che nel 2013 sostituirono Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, per i due pm “non può ritenersi comparabile con quelle del precedente management”. In altre parole non si può gettare loro addosso la croce penale. Di quella gestionale, disastrosa visti i 13 miliardi (privati) bruciati invece di chiedere subito una temporanea nazionalizzazione, i pm non hanno parlato. Nessuno lo ha loro chiesto.