«Una sanità a pezzi. A pezzi perché ci sono ventuno sanità regionali e si viene curati meglio a seconda della città in cui si vive». Per Massimo Cozza, segretario nazionale della Funzione pubblica-Cgil Medici, è l’immagine della sanità italiana che emerge dal rapporto OsservaSalute reso noto ieri. «C’è bisogno di riprendere una politica sanitaria forte e uniforme sul territorio nazionale. È l’unico rimedio per contrastare il fenomeno della migrazione sanitaria da Sud al Nord».

Massimo Cozza, segretario Fp Cgil medici
Massimo Cozza, segretario Fp Cgil medici

Avevamo il sistema sanitario tra i migliori al mondo. Oggi è solo un ricordo?
Il servizio pubblico resiste ancora ed è certamente la migliore assicurazione sanitaria sulla vita dei cittadini in termini di costi e servizi offerti. È necessario però fermare logica dei tagli che ormai da anni lo colpiscono. Investiamo di meno in sanità rispetto alla media dei paesi Ocse. Gli Stati Uniti spendono quasi il doppio di noi e tuttavia esistono milioni di persone senza assistenza sanitaria. Il nostro sistema è migliore, ma viene minato alla base dai tagli.

Il governo sostiene di avere messo un miliardo in più nel fondo sanitario nazionale…
Quest’anno sono previsti 111 miliardi, mentre il patto per la salute ne prevedeva 4,4 in più: 115,44 miliardi. Quindi il taglio c’è stato. Il Documento di economia e finanza prevede un aumento della spesa in termini assoluti. Ma questa spesa non copre nemmeno l’aumento dei prezzi. Il trend dell’aumento previsto è inferiore a quello degli altri paesi. La tendenza in atto porterà la spesa sanitaria al 6,5% del Pil. Sotto questo livello comincia a ridursi l’aspettativa di vita. I cittadini finiranno per non curarsi perché non avranno i soldi per pagarsi le cure.

È quello che accade già oggi. Siamo all’ultimo posto al mondo sulla prevenzione. Che ruolo hanno avuto i tagli alla sanità su questa situazione?
Storicamente il nostro paese ha investito poco in questo settore. Screening per malattie oncologiche, vaccini, sono settori importanti sui quali bisognerebbe investire su tutto il territorio nazionale. Invece si riducono i posti letto ospedalieri. Abbiamo circa la metà dei posti della Francia. Finanziando più posti, si potrebbe aumentare la prevenzione.

Per il Censis la sanità in Italia è negata per 9 milioni di cittadini. Cosa significa?
Il cittadino ha di fronte a sé un muro fatto di liste di attesa e ticket che a volte non riesce a superare. Molto spesso è costretto ad aspettare mesi, mentre i ticket per gli esami ematochimici – per fare un esempio – a volte costano più nel pubblico che nel privato. Per questo si parla di sanità negata: nei fatti è un modo per impedire di accedere a un diritto fondamentale. Un modo per svilire la sanità pubblica e spingere verso quella privata. Per chi può. Chi non può, non si cura. È una deriva che dobbiamo assolutamente fermare.

Gran parte della riduzione della spesa è dovuta al blocco delle assunzioni del personale sanitario. Continuerà questa tendenza?
Purtroppo si. Siamo al limite della sopravvivenza dei servizi. Se devo fare una visita cardiologica e ho sei cardiologi, invece di dieci previsti, è chiaro che l’efficienza del servizio viene meno. Senza contare che la sanità, dopo la scuola, ha il numero più alto di precari della pubblica amministrazione. Serve un piano straordinario di stabilizzazione. Medici e personale aspettano ancora il contratto. Quello su cui si è fatto più economia è il valore della professione e i redditi. Invece di rilanciare entrambi, li si è tagliati.

Perché?
Perché è più semplice tagliare le risorse umane che potenziare il sistema. Dal 2009 al 2014 abbiamo perso 5 mila medici. E i precari sono aumentati. Oggi molti servizi dipendono da loro.

Secondo l’Anac di Cantone la corruzione in sanità costa 6 miliardi all’anno. Cosa ne pensa?
Avverto un pericolo. Buttare fango sulla sanità pubblica può contribuire a far credere ai cittadini che è giusto non finanziare un settore che va male ed è corrotto. Ci possono essere casi di questo tipo, ma bisogna fare attenzione a non veicolare il messaggio di spingere, chi può, verso il privato. Mentre i poveri saranno curati da una sanità povera. E chi non ha nulla, non si curerà. Ritengo sia un diritto di tutti evitare che nei pronto soccorso si paghi con la carta di credito.