Nelle ultime 24 ore si sono registrati 275 nuovi casi positivi al coronavirus e 5 decessi di Covid-19 in Italia.
Come nei giorni precedenti, le regioni che contano il maggior numero di tamponi positivi sono la Lombardia con 79 casi, l’Emilia-Romagna con 48 e il Veneto con 31. D’altronde sono tre delle regioni in cui, secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, Rt è più grande di 1, la soglia che segnala l’accelerazione del contagio.

NELL’ULTIMA SETTIMANA il conto giornaliero dei nuovi casi ha superato quota 230: erano stati poco meno di duecento in quella precedente. L’aumento dei casi segnalati si spiega anche con un’attività diagnostica ancora sostenuta, con una media di oltre 45 mila tamponi effettuati ogni giorno. I casi rilevati sono meno preoccupanti dal punto di vista clinico. I pazienti ricoverati in terapia intensiva continuano infatti a diminuire: ieri erano 41, un terzo dei quali in Lombardia.

L’età media dei casi positivi è scesa a 40 anni, un’età in cui lo sviluppo di sintomi gravi è più raro.
Nel complesso, la ripresa dell’epidemia attesa dagli epidemiologi dopo il lockdown non si è verificata. Il risultato è dovuto, oltre che al distanziamento sociale e alle mascherine, all’efficacia dell’azione di prevenzione: le famose tre T di «test, tracciamento e terapie» raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Sempre secondo i dati dell’Iss, attualmente in Italia un quarto dei casi viene diagnosticato attraverso le attività di contact tracing, il 44% grazie all’attività di screening e i test sierologici e solo il 30% attraverso i sintomi. Il sistema diagnostico è diventato più efficiente e tra sintomi e test oggi trascorre in media solo un giorno.  A fine marzo, in pieno tsunami, ce ne volevano sei. Convivere col virus è possibile, quindi. La sfida ora è mantenere l’efficienza la rete di sorveglianza nel caso in cui il numero di casi aumentasse.

NEL RESTO D’EUROPA le cose vanno decisamente peggio. Nella parte orientale del continente, in Russia negli ultimi sette giorni la media nell’ultima settimana è di circa seimila nuovi casi giornalieri. Tra gli stati orientali più colpiti anche Romania (mille casi al giorno), Ucraina (800) e Polonia (400), ma con situazioni epidemiologiche assai diverse. Russia, Ucraina e Polonia sono ancora alle prese con la prima ondata.

IN ROMANIA, invece, il contagio aveva toccato un massimo a metà aprile, sembrava sotto controllo a giugno, e ora è il numero di nuovi casi è triplicato rispetto al primo picco e continua a salire. Di qui la decisione del ministro Speranza di sottoporre a quarantena chi arriva dalla Romania.
A ovest il contagio era stato domato quasi ovunque. Ma ora è tornato vigoroso in Spagna con quasi duemila casi al giorno di media – comunque al di sotto dei 7500 del picco di fine marzo. Anche in Francia (con quasi mille casi al giorno) e in Germania (cinquecento) si registra una tendenza al rialzo. L’indice di riproduzione R è risalito in tutti e tre i paesi a 1,25. L’importanza dell’attività di sorveglianza è sottolineata anche dall’ultimo rapporto di Santé Publique France, l’agenzia di salute pubblica francese, in cui si rileva «l’aumento del numero di pazienti testati in ritardo, cioè 5-7 giorni dopo la comparsa dei sintomi».

IL QUADRO EUROPEO della pandemia è dunque composito e non riducibile a una successione ineluttabile di “ondate”. Con il passare del tempo, è sempre più evidente che il destino della pandemia non dipende da presunte mutazioni o dalla stagionalità del virus, ma dalla sorveglianza, dal contact tracing e dal rispetto di regole sanitarie minime come l’igiene e il distanziamento sociale. Cioè, da noi.