Prosegue il caos decisionale tra governo e Knesset su come affrontare la seconda ondata del coronavirus in Israele nonostante l’approvazione da parte proprio del parlamento della “Grande legge del coronavirus” che assegna al governo poteri eccezionali. Si attendeva un lockdown parziale oggi e domani. Il premier Netanyahu però non ne ha fatto cenno nel suo discorso al paese in diretta tv ieri sera. Si è limitato ad annunciare la nomina del dottor Ronni Gamzu, direttore dell’ospedale Ichilov di Tel Aviv, a “zar” della lotta al coronavirus. Sarà Gamzu a decidere se e quando si faranno nuove chiusure. L’incertezza regna sovrana anche per l’atteggiamento dei parlamentari israeliani, disposti più ad assecondare gli interessi di parte che a sostenere le misure volte a contenere il contagio che ieri ha fatto altri sette morti e fatto salire per la prima volta ad oltre 300 il numero dei pazienti in gravi condizioni. Non cessano peraltro le manifestazioni di protesta davanti alla residenza ufficiale di Netanyahu a Gerusalemme per la gestione della crisi economica. Un’altra era in corso ieri sera.

 

Più chiare appaiono le direttive del governo di Mohammed Shttayeh nelle città autonome palestinesi. Ma non per questo sono osservate dalla popolazione, in particolare da commercianti e imprenditori. In ogni caso non sono riuscite a contenere la diffusione del coronavirus in Cisgiordania dove ieri si sono registrati quasi 600 casi positivi, il numero più alto dall’inizio della pandemia. I decessi sono saliti a 71 nei Territori occupati, inclusa Gerusalemme Est. A fine giugno erano cinque. «La situazione è molto seria» ci dice il dottor Ali Abed Rabbo, direttore dei servizi di medicina preventiva al ministero della sanità dell’Autorità nazionale palestinese, «il numero di positivi al virus aumenta di giorno in giorno e con esso i casi che richiedono il ricovero nelle terapie intensive». Al momento, aggiunge Abed Rabbo, «i nostri ospedali per ora reggono tuttavia aumentano i ricoveri nelle 350 terapie intensive disponibili e che in parte sono già occupate da pazienti con patologie diverse dal Covid-19». Secondo il medico palestinese oltre al comportamento sconsiderato della popolazione, ad aver impedito il contenimento del contagio è «l’impossibilità da parte dell’Anp di esercitare un controllo maggiore del territorio palestinese. Abbiamo poteri amministrativi solo un terzo della Cisgiordania e non siamo in grado di far applicare le misure decise dal governo sul resto della nostra popolazione che vive sotto il controllo diretto dell’esercito di Israele».

 

Peggiorano intanto i numeri in Israele che ha già superato la soglia record dei 2mila contagi in un giorno. Dei 56.748 casi positivi registrati da marzo, 32.755 sono in fase attiva con 295 pazienti in gravi condizioni e 79 collegati ai respiratori. Il totale delle vittime ieri sera era di 440. Malgrado ciò la Commissione coronavirus della Knesset ha di nuovo rovesciato una restrizione decisa dal governo imponendo la riapertura di palestre, centri ricreativi, luoghi turistici e musei. Nei giorni scorsi aveva autorizzato l’apertura di ristoranti. Con la “Grande legge del coronavirus”, in vigore dal 10 agosto, il governo avrà maggiori poteri per imporre nuove misure restrittive. Molti israeliani denunciano un «attacco alla democrazia». La legge, spiegano, neutralizza il potere di veto della stessa Knesset limitando pericolosamente la separazione dei poteri e la democrazia.

 

In questo quadro di preoccupazione è ripreso lo scontro tra governo e opposizione e all’interno della stessa maggioranza. Il quotidiano Haaretz riferiva l’altra sera che Netanyahu punta a nuove elezioni politiche nel prossimo novembre e che, pertanto, non intende sottoporre a voto il bilancio relativo al 2020. L’attuale caos politico in Israele secondo il giornale avrebbe lo «scopo» di preparare la gente all’idea che «non è possibile andare avanti in questo modo», giustificando così nuove elezioni, le quarte, dopo le tre avute in poco più di un anno. Netanyahu teme che prima della ripresa a gennaio del processo, in cui è imputato per corruzione, sarà presentata alla Corte Suprema una petizione per costringerlo a dichiarare la sua incapacità di governare visto che per tre volte a settimana dovrà presentarsi in tribunale a Gerusalemme.