Sostiene Eugenio Giani che “non c’è tempo da perdere”. Ma certo le ordinanze già firmate del neo presidente regionale, e quella che firmerà oggi per la creazione di una sorta di ospedale da campo a Prato in una ex fabbrica oggi polo tecnologico (vuoto), muovono più di un interrogativo. Perché delle due l’una: o il sistema sanitario pubblico toscano, che pure è giudicato da molti anni uno dei più efficienti e strutturati della penisola, si è rivelato anch’esso insufficiente per parare i colpi della pandemia; oppure l’interventismo di Giani, e della sua giunta, sono l’effetto di un’ansia da prestazione che, sotto l’ombrello di una possibile emergenza, sta portando anche a decisioni politiche inusuali per la Toscana. Come quella di attivare subito almeno 500 dei 900 posti letto disponibili nelle cliniche private convenzionate con la Regione. Soprattutto dando la possibilità di trovarne altri contrattando, a prezzi ancor più salati per il pubblico, con il privato puro.
In Toscana, regione “gialla”, i numeri del Covid al momento, se non rassicuranti, non sono ancora da allarme conclamato. Ieri i nuovi casi erano 2.592, con un trend che da giorni – a parte mercoledì, alla vigilia dell’ultimo dpcm del governo Conte – registra 2.200, 2.300 casi quotidiani. Al tempo stesso il bollettino giornaliero della Regione segnala che per la prima volta da diverso tempo cala il numero complessivo dei ricoverati nelle aree Covid degli ospedali: sono in tutto 1.512, -77 rispetto a ieri. Quanto al numero dei pazienti in terapia intensiva, ieri erano 209 (+7 in un giorno), il 23,5% di quelli disponibili nel sistema sanitario toscano.
In questo contesto, il progetto dell’ospedale da campo all’ex Creaf di Prato, “che in teoria nel giro di un mese sarebbe in grado di ospitare, con i dovuti accorgimenti, fino a 500 posti letto”, come da nota ufficiale della Regione, ha provocato le proteste del sindaco pratese Matteo Biffoni: “Non voglio che i miei concittadini vengano curati in un ospedale da campo”. Anche perché il nuovo ospedale cittadino Santo Stefano, ultimato appena tre anni fa con il project financing, al pari degli altri tre ospedali di Massa, Lucca e Pistoia, ha ancora strutture non utilizzate per complessivi 200 posti letto.
Il rischio di uno scontro istituzionale (e nel Pd) ha portato la Regione ad assicurare a Biffoni lavori celeri per attivare 53 posti, che potrebbero salire a 80, al Santo Stefano. Ma il progetto ex Creaf, struttura di proprietà pubblica adattabile secondo Giani &c. con appena 5 milioni di spesa, dovrebbe andare avanti comunque. Al pari, e qui i costi sarebbero invece molto più alti, dell’utilizzo delle strutture sanitarie private. Da quelle convenzionate con il pubblico a quelle prettamente private, come la Casa di Cura di San Rossore a Pisa, o Prosperius e Villa Donatello, quest’ultima di proprietà Unipol Sai, a Firenze.
Tanta celerità lascerà sicuramente l’amaro in bocca ai 450 lavoratori di Inso e di Sof, piccoli gioielli ingegneristici nel settore della progettazione, costruzione e servizi di infrastrutture sanitarie ed ospedaliere, che travolti dalla crisi della capofila Condotte stanno aspettando da due lunghi anni che i commissari Giovanni Bruno, Matteo Uggetti e Gianluca Piredda chiudano una procedura di vendita che è andata avanti a passo di lumaca, sia prima che dopo lo scoppio della pandemia. Ora si è fatta avanti Fincantieri, anche grazie alla spinta della Regione. Un’ottima notizia per il futuro delle due aziende e dei lavoratori, cassintegrati da tempo. Ma ancora la firma finale non c’è. In tempi di Covid, anche questo è un paradosso. L’ennesimo.