Nella seconda metà di aprile 2020, nel contesto della crisi da Covid-19, il presidente del Madagascar Andry Rajoelina spiegava che il suo paese era disposto a donare ai «popoli fratelli» un «rimedio tradizionale migliorato messo a punto dall’Istituto malgascio di ricerche applicate (Imra)». Il rimedio, utile a scopo di prevenzione e di cura e distribuito alla popolazione del paese, è a base di artemisia (pianta utilizzata tradizionalmente per la cura delle patologie delle vie aeree superiori e per il sostegno al sistema immunitario, nonché antico rimedio per la prevenzione e la terapia della malaria), ravintsara (pianta malgascia dalle proprietà antivirali) e altre erbe.

Era il debutto della medicina tradizionale a base di piante ai tempi del coronavirus.; in seguito l’Isola rossa  – del resto nota per l’abbondanza delle piante medicinali e terza esportatrice mondiale di oli essenziali – ha sviluppato la Cvo+, la formula in capsule.

Fitoterapia e medicina tradizionale sono ufficialmente riconosciute in Africa. E l’80% della popolazione prima o poi fa ricorso a questo tipo di rimedi, economico, autogestibile e, se scelto oculatamente, senza effetti collaterali; il tempo della pandemia non fa eccezione.

A livello ufficiale, nel mese di settembre il Comitato regionale di esperti sulla medicina tradizionale per Covid-19, creato da Oms, Africa Centre for Disease Control and Prevention e Commissione dell’ Unione africana per gli affari sociali, ha approvato un protocollo per la sperimentazione clinica in fase 3 della medicina naturale a base di piante per Covid-19. Il Comitato è formato da 25 membri che significativamente provengono da dipartimenti di salute pubblica, mondo accademico, programmi di medicina tradizionale, autorità di regolazione, mondo medico, organizzazioni della società civile.

Sperimentazioni cliniche sono in corso in diversi paesi africani: alla fine di febbraio, Benin, Burkina Faso, Camerun, Etiopia, Ghana, Madagascar, Mali, Nigeria, Congo Rdc, Guinea, Guinea equatoriale, Nigeria, Sudafrica, Uganda, Togo. Ci spiega Oms Africa: «I risultati preliminari pre-clinici sulla sicurezza e sull’efficacia sono molto incoraggianti; tuttavia diversi istituti di ricerca sono fermi alla fase 1 e 2, soprattutto a causa della mancanza dei fondi necessari per passare alla sperimentazione su ampia scala che darebbe sufficienti dati e prove scientifiche così da permettere un ampio uso dei prodotti». Dunque «è cruciale mobilitare le risorse necessarie per il sostegno alla fase 3 e per la produzione locale».

Per Nceba Gqaleni, specialista di terapie tradizionali all’Africa Health Research Institute, «Covid-19 presenta un’opportunità cruciale per investire in questo tipo di medicina, ma sembra difficile trovare i fondi per investire nel settore».

L’Africa, economicamente funestata dal 2020, non ha a disposizione decine di miliardi per la ripresa e la resilienza. Così, è possibile che – salvo eccezioni – nelle nude mani dei suoi abitanti rimangano solo i rimedi verdi semplici, senza una trasformazione manifatturiera che li potrebbe rendere più efficaci.