Con un ritmo di quasi 3mila morti al giorno per un totale di oltre 290mila decessi e gli ospedali ormai al collasso, la pandemia in Brasile appare ormai fuori controllo. Così la pensa il 79% della popolazione secondo un sondaggio di Datafolha e così indica la percentuale di letti occupati nei reparti di terapia intensiva, uguale o superiore al 90% in 15 stati, compreso quello di São Paulo, dove muore una persona quasi ogni due minuti.

SOLO BOLSONARO CONTINUA a non fare una piega, sostenendo anzi che la sua gestione della pandemia «sta funzionando», annunciando un ricorso alla Corte Suprema contro le misure restrittive adottate da sindaci e governatori ed esaltando il «brillante lavoro» del generale Pazuello al Ministero della Salute, a cui tuttavia ha dato il ben servito.
Indagato per negligenza di fronte alla crisi dell’ossigeno a Manaus e travolto dalle critiche per la sua inettitudine – quando ha assunto la guida del ministero il paese contava meno di 15mila morti per Covid e lo ha lasciato con 290mila vittime – Pazuello cede il posto al cardiologo Marcelo Queiroga, quarto ministro della Salute dell’era bolsonariana.

UNA SOSTITUZIONE che Bolsonaro non ha ancora ufficializzato, perché, si dice, starebbe cercando un incarico di peso da affidare a Pazuello per metterlo al riparo da eventuali processi, ma che ha annunciato già da quasi una settimana. Cioè, in maniera presumibilmente non casuale, pochi giorni dopo le roventi critiche rivolte da Lula alla linea del governo sulla pandemia, con tanto di suggerimento a non seguire nessuna delle «raccomandazioni imbecilli» del presidente e del suo ministro.
Un passo, quello di Bolsonaro, necessario anche di fronte al calo di consensi legato alla gestione sanitaria, bocciata dal 54% della popolazione, con un 43% che indica il presidente come il principale colpevole della situazione. Ci va giù pesante anche Luiz Henrique Mandetta, primo ministro della Salute silurato da Bolsonaro: «Se in Brasile, con tutta la carica virale in circolazione, spuntasse una variante resistente al vaccino che facesse tornare il mondo al punto di partenza, credo che Bolsonaro finirebbe direttamente di fronte alla Corte penale internazionale».

Cosa debba aspettarsi la popolazione dal nuovo ministro, che almeno è un medico anziché un generale, non è ancora chiaro. Nelle sue prime dichiarazioni, Queiroga ha sì evidenziato la necessità di accelerare la campagna di vaccinazione, ma è anche sembrato adattarsi alla perfezione alla linea di Bolsonaro, scartando il ricorso al lockdown e annunciando addirittura possibili blitz negli ospedali per controllare se le persone stiano effettivamente morendo di Covid.

DI CERTO, LA SUA NOMINA ha prodotto malumori anche tra i suoi alleati del Centrão (il blocco indistinto di partiti tradizionalmente al servizio del miglior offerente), i quali gli preferivano la cardiologa Ludhmila Hajjar, che tuttavia, dopo due non proprio pacifici colloqui con Bolsonaro, ha declinato l’invito. «Speriamo sia la scelta giusta», avrebbe dichiarato, secondo l’Estado de S.Paulo, un esponente del Centrão: perché, in caso contrario, «il paese non discuterà chi sarà il quinto ministro della salute, ma quale sarà il prossimo presidente della Repubblica».

SI DISCUTE GIÀ INVECE, e molto, sulla probabile candidatura di Lula, che in ogni caso ha garantito la sua disponibilità, oltretutto incoraggiato dai sondaggi che lo danno vincitore in un eventuale secondo turno con il 38% delle preferenze contro il 33,8% di Bolsonaro. Il quale è subito partito all’attacco, chiamandolo «vecchio barbuto» e «capitan corruzione».