Uno dei temi di maggiore attualità posto dall’emergenza sanitaria rappresentata dal Covid-19 riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie, dei dati e dell’intelligenza artificiale per il contenimento dell’epidemia.

Proprio in questi giorni, infatti, il governo italiano sta interpellando le imprese affinché sviluppino tecnologie anche per la raccolta e il tracciamento dei dati, proprio per migliorare le misure di contrasto alla diffusione del virus.

A nessuno sfugge che siamo di fronte ad una questione particolarmente delicata. Si tratta, infatti, di coniugare due diritti fondamentali: la tutela della salute e la tutela della privacy, della riservatezza. Anche nella diversa sovra-ordinazione delle priorità, in una fase di emergenza quale quella che stiamo vivendo, la tutela del diritto primario alla salute collettiva e il rispetto di diritti fondamentali non vanno posti in contrasto.

È il caso di segnalare allora che nei provvedimenti che il governo in queste ore sta assumendo proprio sulla tracciabilità dei dati manca un protocollo chiaro che individui l’oggetto delle rilevazioni, che indichi il soggetto titolato, la temporalità, la regia pubblica.

L’Italia ha delle Autorità caratterizzate da indipendenza e competenze tecniche. Il loro ruolo è ancora più necessario in fasi di emergenza come quella attuale. Il governo deve allora chiedere al Garante della Privacy la redazione di una policy utilizzabile per l’eventuale diffusione di specifiche applicazioni tecnologiche. Una policy che chiarisca intanto quali siano i dati davvero necessari, ne garantisca gestione pubblica e trasparenza, e indichi una chiara dimensione temporale ed una efficace clausola di disinnesco.

Ci attendiamo quindi dal governo un decreto immediato che vada in questa direzione.

La tecnologia digitale è un settore nel quale si sta investendo in tutto il mondo. È allora necessario, tanto più in una situazione di emergenza, che queste tecnologie siano orientate verso i bisogni delle persone e della collettività nel rispetto dei principi normativi e costituzionali. Stiamo parlando infatti di dati oltremodo sensibili: dati biometrici, dati sanitari, dati sulla mobilità delle persone.

Bisogna allora evitare che i grandi monopoli privati (Facebook, Amazon, Google, ecc.) acquisiscano ancora maggiore facoltà di raccolta e utilizzo dei dati sulla scorta di una non chiara e non regolamentata eventuale richiesta di aiuto da parte del governo. Il tema in qualche modo si è già posto: all’indomani delle prime misure restrittive e di chiusura della scuole, quelle piattaforme si sono proposte per agevolare la prosecuzione di alcune attività didattiche.

Tra queste, nell’ambito dell’iniziativa «solidarietà digitale» lanciata dal Ministero per l’Innovazione, si sono proposti, tra gli altri, Amazon (con piattaforme di e-learning per scuola primaria e secondaria o assistenza web a pubblica amministrazione e imprese) Microsoft (con tecnologia e esperti ET per soluzioni di smart working) e Google ( per servizi di video conferenze).

Già allora, come abbiamo sostenuto, sarebbe stato opportuno che il Ministero avesse provveduto alla definizione di protocolli capaci di individuare e tutelare i dati sensibili delle persone e delle imprese che avrebbero utilizzato i diversi servizi messi a disposizione, indicando al tempo stesso l’obbligo per le piattaforme di mettere a disposizione i dati raccolti eventualmente utili a gestire l’emergenza.

È giusto che le persone siano informate su quali dati si ritengono necessari per contrastare l’epidemia e che vi sia la certezza che quei dati stessi verranno utilizzati dalla sfera pubblica attraverso una regia unica e trasparente. Anzi, trattandosi di una pandemia, i dati andrebbero raccolti e gestiti su scala europea utilizzando anche una recente normativa comune, il Gdpr, che regolamenta la gestione della privacy.

Oggi da più parti si sottolinea, a fronte della pandemia generata dal Covid-19, che nel futuro prossimo non si potranno e non si dovranno più fare le stesse cose di prima. C’è bisogno di un cambiamento radicale. Bene, anche sui temi che abbiamo cercato di richiamare si misura la volontà di un’ inversione di rotta, a partire dalla scala europea. C’è davvero bisogno di una grande politica europea delle reti capace non solo di contrastare il dilagare delle piattaforme digitali «Over The Top» (dalle quali ci aspettiamo comunque la massima collaborazione in questa fase di emergenza sanitaria) ma di porre anche una grande questione di controllo democratico sull’accesso ai dati e una finalità sociale delle tecnologie digitali.

* CGIL Nazionale