Il numero di morti per Covid a livello mondiale potrebbe essere tre volte più alto rispetto alle cifre ufficiali. Lo sostiene uno studio pubblicato ieri sulla rivista The Lancet e firmato da decine di ricercatori di tutto il mondo. La stima è basata sulla cosiddetta «mortalità in eccesso», cioè sul numero di morti in più (anche quelli non ufficialmente attribuiti al Covid-19) registrati nel 2020 e nel 2021 rispetto alla media degli anni precedenti.

IL NUMERO DI MORTI in eccesso a livello globale, secondo i ricercatori, è compreso tra i 17,1 e i 19,6 milioni, con un valore più probabile pari a 18,2 milioni di morti. Le vittime ufficiali del coronavirus alla fine del 2021, invece, sono solo 6 milioni. In termini assoluti, la mortalità del Covid-19 si avvicinerebbe a quella dell’influenza del 1918, che avrebbe causato tra i 17 milioni e i 100 milioni di morti.

Che il numero di morti ufficialmente registrati non dia conto della reale dimensione di una pandemia è un dato già noto. Soprattutto nella prima parte della pandemia, il numero di tamponi effettuati non bastava per avere una stima completa dei contagi reali e molte persone sono decedute senza avere una diagnosi. Perciò, già dal 2020 molti epidemiologi hanno iniziato a consultare i dati sulla mortalità per valutare l’impatto del coronavirus.

Lo studio di Lancet però ha il merito di studiare il fenomeno a livello globale, tenendo conto delle grandi differenze nel numero delle vittime tra un Paese e l’altro.

IN ITALIA, AD ESEMPIO, si stima che sia sfuggito alla conta ufficiale circa un decesso su due: a fine 2021 l’eccesso di mortalità era stimato in circa 260 mila vittime, quasi il doppio dei 137 mila morti ufficiali. In aree del mondo meno fortunate, i bollettini ufficiali danno un’idea dell’impatto del Covid-19 ancor più lontana dalla realtà. Nell’Africa subsahariana, ad esempio, l’eccesso di mortalità è stato 14,2 volte superiore alle vittime positive al tampone. In Stati come la Repubblica Centrafricana, il Burundi, il Sud Sudan e la Tanzania bisogna moltiplicare il numero dei morti registrati per Covid per cento o anche di più.

La disparità nella capacità di eseguire test ha creato un effetto paradossale: gli stati più indifesi sono stati quelli in cui l’impatto della pandemia è stato maggiormente sottostimato, e a cui sono state attribuite meno risorse sanitarie per affrontarla, a partire dai vaccini.

LE CIFRE DI LANCET ribaltano la narrazione dominante della pandemia globale. Sulla base dell’attenzione mediatica, pochi immaginerebbero che il tributo di vite umane nella opulenta Europa occidentale (140 morti in eccesso per centomila abitanti) sia stato simile a quello dell’Africa del Nord (144) e dell’area subsahariana (101), nonostante la popolazione africana abbia un’età media di 18 anni mentre quella europea sia in maggioranza ultraquarantenne. L’area del mondo in cui la mortalità è stata maggiormente alterata dalla pandemia è stata quella andina, con un picco di 734 morti in eccesso per centomila abitanti in Bolivia.

In termini assoluti, è l’India il paese in cui l’eccesso di mortalità ha raggiunto il livello più elevato: il numero di vittime reali nel subcontinente arriverebbe a quattro milioni di unità, otto volte più dei decessi ufficiali per Covid-19.

LO STUDIO NON HA SOLO obiettivi statistici. «Comprendere il vero tributo di vite umane legato alla pandemia è cruciale per elaborare strategie di salute pubblica efficaci» spiega Haidong Wang dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Seattle, che ha coordinato lo studio. In effetti, l’eccesso di mortalità rivela grandi differenze tra un paese e l’altro, a seconda dell’approccio utilizzato nei confronti della pandemia. I Paesi che hanno seguito la strategia detta «Zero Covid» (lockdown localizzati e tracciamento a tappeto in corrispondenza di ogni focolaio) come Australia, Nuova Zelanda e Taiwan, hanno addirittura visto diminuire la mortalità negli anni del Covid-19.

Gli autori dello studio ammettono che non si possono attribuire al Covid-19 tutte le morti in eccesso rilevate. La pandemia, che ha ostacolato l’assistenza sanitaria per i pazienti che hanno sofferto di altre patologie, ha avuto anche ricadute indirette che potrebbero aver contribuito alla mortalità in eccesso. D’altra parte, come mostrano i dati dell’ultimo Programma Nazionale Esiti dell’Agenas, i lockdown, il distanziamento e la riduzione della mobilità hanno avuto anche l’effetto di diminuire l’esposizione ad altri rischi, come influenza, stress e inquinamento. Di conseguenza, in molti Paesi l’incidenza di infarti e ictus è diminuita nel 2020. «Gli studi da diversi paesi, come Svezia e Paesi Bassi, suggeriscono che il Covid-19 sia stato la causa diretta della maggior parte delle morti in eccesso» rileva Wang «ma al momento non ci sono dati sufficienti per molte aree».

ULTERIORI STUDI saranno necessari per un quadro più preciso e dettagliato. Tuttavia lo studio di Lancet fa giustizia dei dubbi e teorie del complotto secondo cui l’impatto della pandemia sarebbe stato ingigantito ad arte per giustificare la «dittatura sanitaria». Molte vittime, secondo queste teorie, sarebbero morte «con» e non «per» il Covid-19. La ricerca smentisce una volta per tutte questi dubbi. Il dato però non deve nemmeno assolvere la gestione italiana della pandemia: l’eccesso di mortalità italiano (227 morti per centomila abitanti) è stato il più elevato dell’Occidente e dopo due anni di pandemia una spiegazione ancora non c’è.