E’ intorno ai concetti di divisione e di riunificazione che si articola il volume di Raul Calzoni intitolato La letteratura tedesca contemporanea, (Carocci, pp. 475, e 25,00) uno studio ambizioso, che ripercorre gli snodi della narrativa di lingua tedesca in una prospettiva totalmente nuova, ovvero attraversando il muro di Berlino come spartiacque culturale prima ancora che politico, e intrecciando il filo principale del suo discorso letterario a letture storiche, alla dimensione mass-mediatica, alle questioni sociali, agli aspetti mitici che costituiscono risorse preziose per comprendere le tappe della cultura di lingua tedesca.

I protagonisti non sono qui gli scrittori, bensì alcuni concetti cardine: Shoah, Heimat, mito, (anti) idillio, svolta (Wende), Ostalgie. Alcuni termini sono lasciati volontariamente in tedesco, a sottolinearne l’intraducibilità, e quindi anche il loro radicamento nel tessuto culturale austriaco, tedesco occidentale o orientale, elvetico, nonché nelle forme esplicite o implicite di letteratura interculturale. Sono «costellazioni» che ruotano intorno ai cosiddetti «mediatori del ricordo»: cinema, fotografia, radio, teatro, televisione e web.

«Letteratura, cultura e media» sono le tre parole chiave che scandiscono il primo e il secondo capitolo, rappresentandone il «legato». La prima sezione riguarda la cultura della «Germania divisa» ed è affollata da quegli autori che hanno vissuto in prima persona la cesura storica e umana del nazismo, dovendo fronteggiare la questione della necessità/impossibilità di scrivere dopo Auschwitz (e Hiroshima), non solo nei termini di un passato da rielaborare, ma anche in quelli di un «accaduto» che esige di essere testimoniato (così la prosa di Günther Grass, ma anche il teatro di Wolfgang Hildesheimer e di Rolf Hochhut, fino alla svolta del teatro documentario di Heinard Kipphardt).
Un processo alla memoria, che altrove si declina in un’accezione inter-mediale (come nel caso emblematico del teatro di Peter Weiss, nel lavoro documentario di Alexander Kluge e, in forme diverse, di Walter Kempowski). La multimedialità è centrale pure nell’opera di Hans Magnus Enzensberger, che pur individuando nella televisione il «medium zero» della comunicazione, riconosce come fondamentale anche l’azione «multiversica» di radio, televisione e cinema per superare la rimozione che inibiva la mente dei tedeschi negli anni Sessanta.
Il secondo capitolo muove dal fatidico anno «1989» per individuare, nello scenario letterario tedesco post-riunificazione, alcuni plessi tematici significativi: la cosiddetta Migrantenliteratur, in tutte le sue sottili distinzioni.

Centrale è la «messa in questione» del concetto di Heimat, a partire dal progetto cinematografico di Edgar Reitz. Lungo questo solco problematico stanno sia la poetica di Durs Grünbein che la narrativa di Daniel Kehlmann, mentre un terzo nodo è rappresentato dall’intraducibile Ostalgie, presente nei romanzi di Wladimir Kaminer, Ingo Schulze e Uwe Timm. La dialettica tra vittime e carnefici costituisce un altro motivo centrale della letteratura successiva alla riunificazione, per esempio di Herta Müller e W.G. Sebald, che si interroga sullo «spettro» del ritorno degli orrori del passato.
Nel seguire in tutti i suoi risvolti gli sviluppo della letteratura di lingua tedesca, il volume di Raul Calzoni risponde a una sfida: cercare di comprendere le potenzialità di questa cultura letteraria e i suoi sviluppi futuri, individuando proprio nella dimensione interculturale e intermediale, ovvero nelle «contaminazioni» della «letteratura tedesca» con l’altro da sé, la sua principale spinta propulsiva.