È iniziata in Costa Rica – nel segno delle forze conservatrici – la lunga stagione elettorale latinoamericana da cui dipenderà il destino del cosiddetto ciclo progressista, quel processo di cambiamento innescato nel 1998 dalla vittoria di Hugo Chávez in Venezuela che tante speranze ha risvegliato tra i popoli del mondo intero, prima di ripiegare su strategie di adattamento all’establishment globale funzionali a una ripresa dell’iniziativa da parte di una destra sempre più spregiudicata. E se la controffensiva conservatrice ha già messo a segno importanti vittorie, tanto attraverso colpi di Stato de facto (Honduras, Paraguay, Brasile) quanto per via elettorale (Argentina e Cile), molto si deciderà proprio nelle elezioni dei prossimi mesi in Venezuela, Paraguay, Colombia, Messico e Brasile.

Di sicuro non era in Costa Rica, dove ha preso il via domenica scorsa il calendario elettorale, che le forze progressiste potessero lanciare un segnale di riscatto. Se era abbondantemente previsto che nessuno dei candidati superasse la soglia del 40% indispensabile per vincere al primo turno, tra quelli indicati come favoriti non ce n’era neppure uno riconducibile a partiti di sinistra o di centro-sinistra.

Al ballottaggio del 1° aprile andranno il predicatore evangelico Fabricio Alvarado, del Partido Restauración Nacional, giunto primo con il 25% dei suffragi, e, con il 22%, Carlos Alvarado del Pac (Partido Acción Ciudadana), la forza moderata attualmente al governo che, nel 2014, con Luis Guillermo Solís, aveva messo fine all’egemonia dei due partiti tradizionali (il Partido de Liberación Nacional e il Partido Unidad Social Cristiana), senza però generare alcun cambiamento in un Paese considerato tra i più stabili del Centroamerica ma anche tra quelli con un più alto livello di disuguaglianza sociale.

 

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Carlos Alvarado festeggia con la moglie Claudia Dobles l’esito delle elezioni di domenica (Afp)

 

Tuttavia, malgrado il diffuso scontento nei confronti del governo del Pac, il quale ha portato avanti le politiche neoliberiste ed estrattiviste e ha lasciato intatti i privilegi dell’oligarchia, restando per di più coinvolto in scandali di corruzione, l’alternativa a Carlos Alvarado fa ancora più paura, considerando che l’altro Alvarado, Fabricio, è un ferreo oppositore del matrimonio omosessuale e dello Stato laico (perché, spiega, «chi lo promuove persegue in realtà uno Stato ateo»), al punto da evocare la possibilità di ritirare il Costa Rica dalla Convenzione americana sui diritti umani.