Carlotta Sami, lei è la portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa. Nel piano europeo per realizzare piattaforme per gli sbarchi di migranti in Africa voi e lo Iom svolgete un ruolo fondamentale.
Noi quella proposta non l’abbia mai vista né ricevuta. Per quanto riguarda la condivisione regionale degli sbarchi chiediamo che ci sia un meccanismo pianificato degli arrivi che possa comprendere più Paesi. Alla base devono esserci accordi predeterminati con gli Stati che accoglieranno, accordi che abbiano la finalità di portare le persone salvate al più presto in un porto sicuro. E che non ci siano più gli stalli che abbiamo visto in queste settimane.

Intende dire che prima di dare seguito al piano vanno individuati i Paesi disponibili ad accettare i migranti?
Esatto. Possiamo anche essere d’accordo che non sia solo l’Italia ad accogliere, ovviamente, però il meccanismo deve essere determinato prima e deve assegnare una serie di responsabilità insieme alla disponibilità ad accogliere le persone salvate in più porti. Per quanto riguarda invece la solidarietà tra i Paesi europei, va slegato il momento dello sbarco dalla fase dell’esame delle richieste di asilo e creato un meccanismo semplice e veloce per ricollocare i richiedenti asilo tra tutti gli Stati dell’Unione europea.

La riforma di Dublino approvata dal parlamento europeo prevede quote automatiche ed obbligatorie, ma è proprio questo il meccanismo che viene ostacolato.
É vero, viene ostacolato. Il nostro lavoro invece è cercare di affermarlo a livello europeo. Un altro punto importante riguarda la procedura esterna all’Unione europea delle richieste di asilo. Tutti i Paesi del mondo in questo momento stanno discutendo il global compact sui rifugiati che dovrà essere adottato entro la fine dell’anno a New York. Pensiamo che l’Europa dovrebbero in qualche maniera presentare proposte che possano aiutare a definire questo patto a livello globale. Se l’Europa invece propone una esternalizzazione di questi processi, invece che accogliere e condividere le responsabilità, non va nella giusta direzione. Limitare la responsabilità dei Paesi europei limitando lo spazio dell’asilo europeo è l’opposto di quelli che sono gli obiettivi del patto globale sui rifugiati.

Ma esternalizzare le procedure per la richiesta di asilo non significa modificare sostanzialmente il diritto dei rifugiati a chiedere protezione internazionale?
Certo. Il diritto a chiedere asilo non va confuso con il reinsediamento, che riguarda invece una situazione in cui ci sono persone che sono già state accolte da Paesi extraeuropei e alle quali viene data la possibilità di arrivare in Paesi occidentali sicuri.