Senza diritti, senza lavoro buono, senza opportunità di vita, senza istruzione pubblica garantita e accessibile le mafie rimarranno un mostro invincibile.
L’aggressione mafiosa, e lo strapotere criminale nel nostro Paese, non nasce di certo nel Febbraio del 2020 con l’arrivo della pandemia da Covid-19.

Purtroppo, le radici delle mafie affondano nella profondità del tessuto sociale e delle relazioni di potere che governano l’Italia. Le mafie avevano trovato terreno fertile ed erano cresciute li dove le disuguaglianze, la povertà materiale ed educativa, la mancanza di opportunità, la debolezza del tessuto sociale, il controllo di quello imprenditoriale erano già accentuate. La pandemia, questa sciagurata pandemia, fa da acceleratore e moltiplicatore delle disuguaglianze, e quindi anche in ambito criminale le mafie diventano più forti ed al tempo stesso accentuano proprio quelle disuguaglianze, povertà e ingiustizie che ne avevano rappresentato i fattori abilitanti sul territorio.

Ed è qui che si deve intervenire, e investire, con grande forza per spezzare il circolo vizioso appena descritto.
Senza lavoro garantito, senza giustizia sociale, senza diritti per gli esclusi non è data possibilità di sconfiggere le mafie, che manterranno un esercito di riserva in continua espansione.

Nell’indagine condotta dal Comitato che presiedo all’interno della Commissione bicamerale Antimafia sui rapporti fra mafie e Covid è indicato questo punto di partenza come chiave di lettura per interpretare ciò che sta accadendo. Assistiamo a un grande aumento dell’aggressività mafiosa, che inizia a sfruttare le nuove opportunità offerte dalla crisi sociosanitaria causata dal Covid-19

In particolare, risultano tre gli assi aggrediti dalle consorterie mafiose: le imprese, le comunità sociali e gli enti locali.
Infiltrate, eterodirette e drogate di capitali sporchi le prime; minacciate, intimidite e aggredite le seconde; attaccati con tentativi di corruzione e intercettazione di fondi e appalti i terzi.

Queste sono le dinamiche che stiamo leggendo, in uno scenario da economia di guerra dove le mafie hanno in mano due risorse illimitate e immediate: la gigantesca liquidità accumulata con i traffici illeciti e le operazioni criminali da un lato, il tempismo nell’intervento, rispetto allo Stato, dall’altro.

I risultati, non ancora palesi del tutto, sono un intervento forte in settori già infiltrati e la conquista di settori nuovi dell’economia legale, il coinvolgimento di un numero sempre più ampio di professionisti in grado di fare da volano per operazioni finanziarie complesse, un controllo sociale ancora più capillare legato all’aumento di povertà e preoccupazione per il futuro, anche a causa della cancellazione di molti posti di lavoro.

Per fronteggiare tutto questo, non basta l’eccellente lavoro dell’Antiriciclaggio, delle forze dell’ordine, delle procure. Serve un intervento sociale radicale, serve tornare ad investire nei fondi di coesione sociale e nei servizi di prossimità alla persona, serve recuperare e far emergere il lavoro nero, per dare garanzie a lavoratori e lavoratrici e colpire al tempo stesso gli sfruttatori.

L’aumento delle segnalazioni di operazioni sospette, tracciate da Banca d’Italia, ci parla di rischi sempre più ampi per la nostra economia, infiltrata da denaro e componenti di organizzazioni criminali, ma anche da prestanome che gestiscono in conto terzi attività criminali che minano alla base la possibilità di fare impresa e di crescere di interi territori.

Nessuno di noi è esentato dalla lotta alle mafie, soprattutto adesso.

La relazione che ho presentato in Commissione è un grido di allarme ma al tempo stesso un programma di lavoro, il primo sul tema dell’antimafia, elaborato in ambito politico. È una proposta ricca di policy e di suggerimenti al governo, perché si impegni per interventi diretti e coraggiosi, con portata di sistema e non più solo emergenziale, centrato sulla prevenzione oltre che sulla repressione.

La lotta alle mafie, e da ultima quella in Puglia nella provincia di Foggia, dimostrano che solo una squadra-Stato larga e coesa, di cui torni a far parte un’antimafia sociale rinnovata e diffusa, non più solo elitaria e spontaneistica, può davvero sferrare un attacco decisivo, e non più solo dir esistenza difensiva, contro le mafie che con la pandemia, finita la fase di attendismo, rischiano davvero di mangiarsi tutto ciò che abbiamo costruito in ambito economico e di diritti sociali.

L’autore è deputato del Pd