Rimbalzano dagli Usa notizie di un nuovo colpo alla trasparenza sull’arsenale nucleare statunitense. Ribaltando una prassi che per decenni ha permesso ad esperti e società civile di mantenere un minimo controllo, il Pentagono ha deciso di porre il segreto sui report delle ispezioni di sicurezza delle proprie basi a valenza nucleare.

Scelta che potrebbe comportare una diminuzione delle informazioni sulle testate Usa nei Paesi alleati sotto il cosiddetto «nuclear sharing» della Nato che tocca anche l’Italia che da anni ospita bombe del B-61 nelle basi di Aviano e Ghedi.

Senza tali dati diventerà ancora più difficile per Sindaci e Prefetti delle zone interessate elaborare i piani di sicurezza e di emergenza in caso di incidente nucleare che le norme prescrivono. E che, nonostante richieste di società civile ed amministratori locali, non sono mai stati resi noti completamente.

Forse perché la mancanza di informazioni di base rende impossibile stenderne di realistici. Le conseguenze di incidenti con esplosione (rischiati decine di volte) sarebbero devastanti, così come impossibili da affrontare quelle di un attacco diretto ad una base nucleare: uno studio del 2014 (proprio su Aviano) ha calcolato in oltre 25.000 le vittime in caso di popolazione adeguatamente avvisata e protetta, ma oltre 230.000 con bassi livelli di protezione.

Impossibile da creare per Sindaci e Prefetti senza tutte le informazioni. Da tali Rapporti e da alcune foto satellitari si scoprirono invece nel 2015 lavori di messa in sicurezza ad Aviano, indice di strutture non all’altezza per circa due decenni.

Studio condotto da Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project della Federation of American Scientist che abbiamo intervistato sulle ultime novità.

Perché i Report delle ispezioni sono così importanti?

Perché ci confermano se una certa base abbia o meno missione nucleare. La US Air Force pubblicava tradizionalmente tali informazioni per le installazioni europee ma nel corso del tempo le ha ridotte, per rendere più difficile ad opinione pubblica (e potenziali avversari) capire quali unità fossero o meno nucleari. Negli Stati Uniti, dove non è controverso politicamente se una base lo sia o meno, di norma vengono fornite informazioni sui risultati dei test su unità di bombardieri o missili.

Diverso quando un’intera unità fallisce un’ispezione: l’impressione di incompetenza che ne deriva è palese. Come nell’incidente del 2007 alla base di Minot, in cui sei missili nucleari da crociera vennero imbarcati per errore su un bombardiere e portati in giro per gli Stati uniti. A mio parere la decisione di secretare i risultati delle ispezioni cerca di evitare qualsiasi tipo di imbarazzo alle Forze Armate per questo tipo di errori

Cosi diventa impossibile sapere il numero degli ordigni dispiegati in Europa? O ci sono altri modi?

No, questo non succederà perché fortunatamente abbiamo altri mezzi per risalire a tale numero. Certamente, trattandosi di stime, più elementi abbiamo a disposizione più la stima sarà realistica. Ma i risultati delle ispezioni sono più importanti per gli aspetti legati alla sicurezza della base e del suo circondario che per i numeri delle testate, ai quali possiamo risalire anche tramite tutta una serie di informazioni che ci raccontano il funzionamento della base.

Quali valutazioni si possono fare su tale numero oggi, per quanto riguarda l’Italia?

Al momento stimo che in Italia ci siano meno dei 70 ordigni che per molto tempo sono stati dispiegati nel vostro Paese. Probabilmente ci attestiamo sulle 40-50 testate. Indicazione di questa possibile riduzione deriva dalle misure di sicurezza rafforzate ad Aviano, che al momento sembrano interessare 11 depositi di sicurezza dei 18 originali.

Altre basi con 11 depositi di norma ospitano 20 testate; forse possiamo arrivare anche a 30, poiché la base dispone di due squadriglie. Direi dunque che la stima di 40-50 testate (20 a Ghedi, 20-30 ad Aviano) sia al momento la più realistica.

La presenza di questi ordigni in Italia (e non solo) è stata criticata come una violazione del Trattato di Non Proliferazione (Tnp). Che ne pensa?

Gli accordi di «nuclear sharing» erano già in vigore prima della firma del Tnp per cui sono in qualche modo stati accettati e ricompresi nelle sue disposizioni. Ma è evidente che c’è un problema, e molti Stati hanno sottolineato che ciò viola lo spirito di un Trattato che prevede che i Paesi nucleari non possano fornire armi ad altri né direttamente né indirettamente.

I difensori del «nuclear sharing» invece affermano che siccome le testate sono sotto il controllo statunitense in tempo di pace, con Trattato sospeso in caso di guerra, non c’è alcuna violazione. Ma gli Stati Uniti sono stati in guerra diverse volte dal 1970 ad oggi, senza che l’NPT sia stato concluso. Dunque il pericolo c’è.

* Coordinatore Rete Italiana per il Disarmo