Gli attacchi a cui è sottoposto il biologico hanno trovato grande risonanza e spazio su «autorevoli» organi di stampa che non possono deludere i propri inserzionisti. Le multinazionali sementiere e della chimica, infatti, controllano anche molti marchi alimentari, farmaceutici e ogni tipo di prodotto.
Dichiarazioni che vanno lette come chiaro segnale di paura, perché l’affermazione del bio, come abbiamo detto più volte, c’è per libera scelta dei consumatori e senza alcun merito della politica né doveroso sostegno della ricerca. Quasi una certificazione di fallimento di un modello che, volenti o nolenti, deve cambiare, non solo per i danni che crea alla salute e all’ambiente ma anche perché non è più nemmeno in grado di creare reddito, come dimostra la crescente protesta dei diversi settori produttivi.

Il contrasto ai cambiamenti climatici, la tutela dell’ambiente e della salute umana portano chiunque abbia un briciolo di onestà intellettuale a riflettere su un cambio radicale di politica agricola, diffidando di chi è capace di negare che il clima sta cambiando, che nell’ambiente aumentano i pesticidi, che i residui presenti negli alimenti sono un problema o che l’allevamento animale intensivo è insostenibile.

Dal punto di vista tecnico scientifico, alle dichiarazioni parziali, incomplete, spesso umilianti per chi si definisce scienziato, oltre a noi ha risposto un documento di alcuni ricercatori disponibile sul nostro sito e su Researchgate.net

Scomposta e inutile anche la richiesta ai Senatori di non approvare la legge sull’agricoltura biologica. Senza entrare nel merito del testo, l’Italia potrà anche rimanere senza una propria legge ma continuerà a essere paese leader nel bio perché esiste un Regolamento europeo, unico nel suo genere, che riconosce e norma il biologico, stabilisce i disciplinari di produzione e istruisce i controllori. Così come è falso dire che il bio vive di sovvenzioni. Infatti, secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi della Camera dei deputati, la Politica agricola comunitaria sovvenziona per il 97,7% della spesa l’agricoltura convenzionale, mentre al biologico, su 41,5 miliardi di euro destinati all’Italia dalla PAC 2014-2020, vanno solo 963 milioni di euro.

Fatta salva la necessità di informare contro la disinformazione, ciò che più serve, secondo noi, è invece prendere atto che il biologico è esploso ma che, insieme alla crescita del mercato e all’entrata dei grandi marchi e della Gdo, è anche cambiato. Serve quindi confrontarsi seriamente su cos’è biologico oggi. Aiab nasce proprio dalla Commissione nazionale «Cos’è biologico» dove, nella seconda metà degli anni 80, operatori, tecnici e consumatori, hanno definito insieme standard produttivi e sistema di controllo, in assenza di normative, arrivate molti anni dopo. Quel confronto, nel definire le regole, ha messo al centro i valori del biologico che oggi necessitano di essere rilanciati perché sembrano largamente messi in secondo piano di fronte all’esplosione commerciale.
Con il nostro congresso di metà marzo proponiamo un confronto aperto sul biologico che vogliamo, ragionando su «Cos’è Biologico oggi» e mettendo al centro dello sviluppo del settore i principi e i valori del metodo produttivo, inteso come attuazione pratica dei criteri agro ecologici, riproponendo l’intera valenza agro ambientale, anche come elemento di confronto per la nuova Pac.
*Presidente Aiab