Qualche giorno fa l’Agcom ha pubblicato le tabelle di febbraio sul monitoraggio del pluralismo sociale e politico-istituzionale delle tv nazionali. Se il nostro è un paese che in molti pensano “intossicato” dalla politica, ebbene, il primo dato è di conferma. Al peggio. I tiggì Rai dedicano alla politica e ai politici uno spazio abnorme: nel mese di febbraio i tg pubblici hanno dedicato il 73% delle notizie (l’80% Mediaset!) alla politica, ai suoi vari livelli (locale, nazionale, istituzionale, europeo), e ai suoi esponenti.

Tutto il resto (dal sociale alla cronaca, dalla cultura allo spettacolo e allo sport) ha occupato un posto marginale. Una vera e propria patologia, e grave, se solo si considera che una ricerca dell’Osservatorio di Pavia di qualche anno fa certificava che, nei principali tiggì europei, lo spazio della politica non superava il 20%. E in Italia il dato, rispetto a quella ricerca del 2008, è ulteriormente peggiorato.

Se poi ci chiediamo come si ripartisce questa torta gigantesca e sproporzionata di politica, constatiamo che a febbraio, in Rai, oltre il 26,5% è andato ai partiti di maggioranza (con un incremento del 5% rispetto a gennaio); il 22% a quelli di opposizione (con un decremento del 3,5%); il 20% è andato al premier (+ 4% rispetto a gennaio); il 13,5% al governo (-4,5%); il 6,5% al Presidente della Repubblica (+1,5%). Tra i partiti, poi, il Pd cresce al 20,3% (+ 5 rispetto a gennaio), poi, a distanza, c’è il M5S al 7 (- 2,5 rispetto a gennaio), la Lega al 6 (+ 2), l’ Ndc al 5,7 (+2,5) Forza Italia al 5 (-1,5), Sel al 3 (-1,1); tutti gli altri sono sotto l’1%.

Insomma alla iperpoliticizzazione malata nei telegiornali si somma il dato, altrettanto patologico, dello spazio concesso all’opposizione che è ridotto al 20% e poco più. Tutto il resto va a maggioranza, governo, presidente del Consiglio, nonché (ma poco) ai Presidenti della Repubblica, del Senato e della Camera.
Leggendo questi numeri ci è venuta voglia di andare a curiosare meglio e più a fondo tra le cifre fornite dall’Authority nel corso del tempo, analizzando questa volta una singola voce: cioè lo spazio di parola concesso dai tiggì della Rai ai premier in carica negli ultimi anni, partendo dal dato più recente di febbraio, che a Renzi riserva il 20% del tempo “politico”. Naturalmente la prima cosa che ci premeva verificare era vedere se sia sempre stato così, anche con i suoi predecessori, con Letta, con Monti, con Berlusconi. Ed ecco cosa abbiamo scoperto.

Ora Renzi è un tipo ciarliero, si sa, ma lo spazio che i telegiornali Rai gli hanno offerto e gli offrono va aldilà della pur gioviale, e spesso stucchevole, parlantina del premier. La notizia, però, è che un Presidente del Consiglio non ha mai avuto tanto spazio, secondo i dati storici dell’Agcom, almeno dal 2009 fino ad oggi, e che questo spazio è aumentato nel corso degli ultimi mesi. Vediamo il dettaglio.

Il premier Berlusconi tra la metà del 2009 e la fine del suo governo (ottobre 2011) ottiene circa il 12% del tempo di parola (con una punta di 21 a luglio 2009); Monti fa molto meglio, con quasi il 18% di media (e una punta del 24% a maggio 2012): con lui il feeling dei tiggì è molto alto, e la cosa contribuirà non poco al successo del suo raggruppamento alle elezioni del 2013; meno visibile ed “amato” dai tg invece è Enrico Letta, che totalizza il 14,5 dello share informativo sui telegiornali. Ma è con Renzi che il quadro viene sovvertito: egli amplifica il dato che già a Monti aveva garantito visibilità (e voti), e nei suoi due anni di governo si attesta su una media di oltre il 18%. Sono, però, le punte stratosferiche raggiunte in alcuni mesi (30% marzo del 2014 – ci stava, effetto slides, luna di miele, etc.- ma 34% lo scorso dicembre!) ad apparire inedite, mentre è del tutto sconcertante il dato degli ultimi otto mesi, che vede il premier occupare il 21,24% di media del tempo di parola concesso ai politici nei telegiornali Rai.

Il fatto risulta nuovo e senza precedenti, almeno nella storia dei tiggì dell’azienda pubblica degli ultimi anni, che ai vari Presidenti del Consiglio aveva concesso il microfono molto meno. Tutto ciò senza contare le ripetute comparse del premier sia nei programmi leggeri, che in quelli informativi extra tg.

Quando De Gaulle occupava la tv francese, l’opinione pubblica d’oltralpe reagì coniando il termine “telecrazia”. Qui non pare che la reazione sia altrettanto forte. Anzi, il silenzio è grande. Tramontati i tempi dei girotondi e la stella dell’ex Cavaliere, dalle forze politiche di opposizione (ma Berlusconi si consola con le percentuali bulgare sui ‘suoi’ telegiornali), dal mondo della cultura impegnata, dalle istituzioni di vigilanza, dai media arrivano, quando giungono, flebili parole di circostanza. A proposito: a cosa serve la commissione presieduta dal grillino Roberto Fico e a che serve la stessa Agcom, se poi le sue tabelle restano lettera morta? E Maggioni, Campo dall’Orto e Verdelli cosa ne pensano?