Il primo a raccontare in forma di romanzo il G8 di Genova, le vite che vi s’incrociarono e i fatti drammatici che vi si svolsero, è stato Stefano Tassinari, militante e scrittore mancato troppo presto ma che ci lascia libri preziosi e irreconciliati. I segni sulla pelle, pubblicato nel 2003 per Marco Tropea Editore, era immerso in quei giorni di furia e di sangue, tra denuncia politica, analisi sociale e atmosfere noir.

POI SI È SCRITTO DI TUTTO, impossibile citarlo qui, se non per due recentissime uscite, non romanzesche ma che del romanzo hanno la forza evocativa e l’uso centrale della voce di chi narra: I fatti di Genova. Una storia orale del G8, di Gabriele Proglio, introdotto da Alessandro Portelli (Donzelli), un coro di voci che torna ad allora entrando nell’oggi. Come pure fa una «vittima» di Bolzaneto, oggi valente scrittore, Valerio Callieri, in un resoconto meditato e impressionante sull’esperienza di finire, ancorché in mano allo Stato, in balìa del male ottuso e sogghignante, brutale: È così che ci appartiene il mondo. Genova 2001, caserma di Bolzaneto (Feltrinelli).

Roberto Ferrucci, che a Genova nel luglio 2001 c’era, ha dedicato diversi anni a ripensare a quei giorni, a rielaborarli e a trarne infine un intenso e forte romanzo. Uscito da Marsilio nel 2007, viene oggi riproposto dalle belle e spavalde edizioni People (Cosa cambia, pp. 222 pagine, euro 16, con una nuova prefazione di Antonio Tabucchi, dall’edizione francese del 2010). Rileggendolo, colpisce come quei fatti, nei quali si inserisce la trama specifica del romanzo, si avvertano così vicini. Come il romanzo «accada» oggi.

«Cosa cambia», scrive Tabucchi, «è un testo letterario nel senso più potente, e secondo il compito più profondo che possa assumere la letteratura». L’io narrante, un giornalista free lance che era stato al G8, torna a Genova qualche anno dopo («C’era un solo modo per far ritornare Genova una città e non un incubo. Ritornarci»). In una camera d’albergo, alta sulla città, stende una mappa, attiva pc, smartphone, videocamera e relative memorie e ripercorre strade e fatti, emozioni e immagini (straordinarie le «sequenze» da pagina 155 a pagina 158, in cui, descrivendo sette foto, Ferrucci racconta l’uccisione di Carlo Giuliani).

LA DISTANZA TEMPORALE, oggi ulteriormente moltiplicata, non raffredda né sbiadisce niente. L’attualità della dimensione politica di Genova 2001 è ora sottolineata dalle molte occasioni che il ventennale offre. Questo romanzo, però, ci trasporta lì anche esistenzialmente, umanamente. L’io narrante rivive Genova mentre rivive due storie d’amore dell’epoca, una appena finita (con Angela) e una appena incominciata (con Elisa), a sua volta già finita quando inizia a raccontare, facendo più largamente e intimamente i conti con sé stesso.

Ferrucci mescola anima e corpo alla cronaca, dando conto di come diventi subito Storia, con una scrittura esatta e riflessiva, riuscendo, come scrive Tabucchi, ad «arrivare al cuore di tenebra della Cosa: il fascismo eterno di nuovo presente, che si insedia – che soprattutto non ritorna, poiché è sempre stato fra noi. Dunque ‘nulla cambia’. É una perdita di illusioni ma per fortuna la letteratura registra la perdita delle illusioni».

Altrettanto fortunatamente, però, anche in questo romanzo, rigenera la consapevolezza e nutre i sentimenti più vitali. E apre lo sguardo: «attraversa la nebbia», nota ancora Tabucchi, la nebbia acre e venefica dei lacrimogeni e la nebbia dell’oblio.