Visioni

Corto Dorico, visioni come esperimenti di nuove realtà

Corto Dorico, visioni come esperimenti di nuove realtàUn frammento di «Invelle» di Simone Massi

Festival Compie vent’anni la rassegna anconitana dedicata al cinema di piccoli formati e impegno sociale

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 10 dicembre 2023

«Venti anni non sono corti» è il claim dell’anniversario del festival di cinema di piccoli formati, Corto Dorico, dove l’aggettivo sta per «di Ancona» città fondata 2410 anni fa da una colonia di greci di Magna Grecia e tornata da qualche mese, dopo trent’anni, a un governo di centro destra. Comune cittadino e Regione non hanno fatto mancare al capoluogo marchigiano luminarie natalizie patriottiche ma neanche, per ora, il sostegno e l’encomio su libretto di sala al festival diretto da Daniele Ciprì e Luca Caprara che nell’edizione 2023 conta su frequentatori come sempre molto numerosi e che oggi appaiono ancora più compatti nei sottintesi e nelle azioni, come diceva De Andrè parlando del naufragio della London Valour.

I bambini fra due guerre protagonisti di «Invelle» di Simone Massi

E SOPRATTUTTO, nel bilancio del compleanno tondo, pur con qualche concessione al mainstreaming (succede quando si diventa grandi), il FilmFest si conferma realtà di valore artistico e dal merito di coinvolgere (oltre ai detenuti degli istituti penitenziari come membri di giuria) gli studenti, anche giovanissimi cui con abnegazione dedica incontri, percorsi formativi, proiezioni; il tutto portando avanti il concorso nazionale e internazionale con una sezione speciale incentrata sul tema dei diritti umani organizzata in collaborazione con Amnesty. Ai ragazzi per quasi dieci giorni è data la possibilità non solo di entrare in contatto diretto con il mondo dell’audiovisivo attraverso le attività proposte alle loro scuole ma sono offerti spazi in diverse città marchigiane (il festival è diffuso come un’allegra epidemia ) dove si parla di cinema e di come si fa il cinema, anche imparando a doppiarlo o animandone i disegni. Di apprendimento ha parlato anche Simone Massi, animatore indipendente, già operaio, nato e residente a Pergola, in provincia di Pesaro e Urbino, amico di Corto Dorico da tempo: qui è stato premiato nel 2011 per Dell’ammazzare il maiale e più recentemente ha realizzato la video poesia per voce di Wim Wenders In quanto a noi prodotta dall’Associazione Nie Wiem che di Corto Dorico è il genitore b.

L’AUTORE quest’anno è stato presente al festival con Invelle, il suo primo lungometraggio, che ha già incassato Premio Lizzani e sei minuti di applausi all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. All’indomani del successo a Torino di un altro regista marchigiano, Mauro Santini, e degli studenti del Liceo Artistico Mengaroni di Pesaro, con Le Belle Estati, Massi con l’accento quasi eugubino dei suoi protagonisti animati ( che hanno le voci di Timi, Marcorè, Celestini, Cuticchio, Marini) ha detto al pubblico in sala cose importanti: ad esempio che coi disegni si può provare a vivere . È questa una stagione in cui molto – specie in territori come le Marche dominate da un manifatturiero che cerca di essere all’altezza dei fasti passati – si magnifica e reclama il saper fare che spesso poi finisce col significare far fare quattrini agli altri; dunque è prezioso dimostrare a una sala piena di pubblico giovane che la manualità è fondamentale non solo per produrre tomaie e orli nell’altrui opificio, ma anche per creare qualcosa di proprio che si nutra di trascorsi personali e tradizioni familiari, ma anche di Umanesimo e di buone letture. Quelle negate ai protagonisti del film di Simone Massi, bambini di tre generazioni che scorrono tra le due Guerre, la Resistenza e gli Anni di Piombo, in 40.000 fotogrammi animati a passo uno, in bianco nero e un poco di rosso, realizzati a mano da un folto gruppo di disegnatori.

ANDARE a scuola, sapere leggere per non farsi fregare, sono desideri ricorrenti nel film; la bambina Zelinda non vuole lavorare ma ascoltare la storia di Icaro e Dedalo, uno che con le mani ci sapeva fare e con la sua techne è riuscito a costruirsi un labirinto ma anche a evadere dai suoi grovigli e librarsi in volo. Invelle, che fu anche titolo di un toccante monologo di Ivano Marescotti a Urbino, per una lontana edizione del Festival Parole in Gioco, è lemma che affiora in dialetti diversi di terre confinanti: romagnolo, umbro, marchigiano; in italiano servono tre parole per dirlo, «da nessuna parte».
È il «nowhere» dei più pratici inglesi. Il flusso della vicenda raccontata da Massi a tratti esonda, è come la piena che ha ricoperto le campagne alluvionate in questa e in altre porzioni di Italia, nella sequenza inesausta di disegni dove la curva delle colline di Pergola e delle figure umane si sgrana nei tratti di matita per ricomporsi in geometrie di campi antropizzati come quelli delle foto di Giacomelli, o in bambini con la cartella in spalla: non è vero che non vanno da nessuna parte, come dice uno di loro, vanno dappertutto. Purché gli si mettano a disposizione tecnica, arte e cielo.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento