Nel triangolo tra Campidoglio, Palazzo Chigi e camere, dove per tutto il giorno si prova a evitare il default della capitale all’indomani dell’archiviazione del Salva Roma, arriva il terzo incomodo. Alle sei del pomeriggio un corteo di migliaia di persone irrompe nel centro della città. Sfilano i movimenti per il diritto all’abitare e contro l’austerità. Migranti e italiani, senza casa e precari si mescolano tra cori, le bandiere rosse della lotta e quelle no tav. Sono partiti da piazzale Ostiense dove da martedì scorso dieci persone sono arrampicate sull’impalcatura che circonda la Piramide Cestia, chiedono impegni concreti da parte del comune e la liberazione degli attivisti agli arresti domiciliari per gli incidenti dello scorso 31 ottobre. Tra loro anche Luca Fagiano e Paolo Di Vetta, da diversi giorni in sciopero della fame e portavoce rispettivamente del Coordinamento cittadino di lotta per la casa e dei Blocchi precari metropolitani. Salutano dalla cima delle impalcature, il viso coperto da sciarpe, rassicurano tutti sulle loro condizioni e sul loro morale: «Teniamo duro siamo qui per vincere la nostra battaglia».

Il corteo sfila per una città che sembra vivere un giorno qualsiasi, con il solito traffico e il tran tran quotidiano interrotto dal serpentone rumoroso. Eppure il futuro di Roma oggi corre su un filo, quello che passa nelle trattative tra il governo e la giunta che governa Roma, tra Marino e Renzi, tra il governo e i partiti che lo sostengono.

Alla fine dei Fori Imperiali uno schieramento di forze dell’ordine degno delle grandi occasioni. Decine di camionette sbarrano il passo alla manifestazione. «È una provocazione, ci stanno aspettando in Campidoglio, lasciateci passare», dicono i manifestanti. Passa mezz’ora e la Questura fa marcia indietro, proprio come il muro di blindati che apre un varco per far passare il corteo.

Lungo la scalinata per arrivare in municipio gli slogan e i cori diventano un boato che deve arrivare fin dentro Palazzo Senatorio. A ricevere la delegazione il vicesindaco Luigi Nieri. Mentre ci risponde al telefono è ancora impegnato nelle trattative con il governo per un nuovo decreto che salvi il bilancio della Capitale. «Siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità – spiega Nieri – già stiamo lavorando ad un tavolo interistituzionale con la regione Lazio per recepire la delibera regionale, tavolo a cui parteciperanno anche i movimenti. Contemporaneamente con la Prefettura ci stiamo organizzando per censire le occupazioni e cominciare un percorso che soddisfi il bisogno di chi una casa non ce l’ha». Tutto questo chiaramente se Marino sarà ancora sindaco e se i soldi per Roma arriveranno dal governo di Matteo Renzi.

«Il sindaco Marino ha dichiarato oggi che domenica bloccherà la città – dicono con ironia i manifestanti – vedremo se ne avrà il coraggio, chi sta qua lo fa quasi ogni giorno per rivendicare i nostri diritti e per questo veniamo arrestati e denunciati. Noi siamo oggi in piazza anche per dire che Roma, il suo patrimonio, i suoi beni comuni non è in vendita ai padroni della città a cui le politiche di austerity vorrebbero regalare le aziende municipalizzate, i servizi, il patrimonio immobiliare».

In teoria è la stessa speranza di un’amministrazione che non vuole passare alla storia come quella dei sacrifici e del commissariamento della città. «Per alcuni anni abbiamo avuto anche al nostro fianco i partiti del centrosinistra quando si trattava di prendersela con Alemanno che voleva vendere Acea, ora che sono al governo della città bisogna avere il coraggio di essere conseguenti con quella battaglia».