Ieri, nel giorno tanto atteso della presentazione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu della risoluzione per il ritiro entro due anni di Israele dai Territori occupati, la questione palestinese è stata contemporaneamente affrontata su più tavoli e su punti diversi. Dal Parlamento Europeo che ha riconosciuto, ma solo in via di principio lo Stato di Palestina, fino alla Conferenza indetta dalla Svizzera sul mancato rispetto da parte di Israele della Convezione di Ginevra. A fare più clamore è però stata la sentenza della Corte europea che ha sancito l’annullamento della decisione presa più di 10 anni fa dal Consiglio Ue che incluse Hamas nell’elenco europeo delle organizzazioni terroristiche. Un passo che ha fatto infuriare il premier israeliano Netanyahu e anche l’Egitto del presidente golpista al Sisi. Ma anche fatto esultare i dirigenti del movimento islamista. «È questa la correzione di un errore commesso dalla Ue», ha commentato Salah al-Bardawil, un portavoce di Hamas. «Il terrorismo è la occupazione (israeliana, ndr) e noi ne siamo le vittime», ha aggiunto.

 

La sentenza sancisce la correzione di un errore precedurale commesso dai leader europei di quel periodo ma non cambierà molto sul terreno e, più di tutto, non modificherà l’atteggiamento dei governi europei verso il movimento islamista palestinese. La sentenza inoltre mantiene in vigore gli effetti di quella decisione in modo da garantire il congelamento dei beni per altri tre mesi. I giudici sottolineano inoltre che l’annullamento dell’iscrizione di Hamas tra le organizzazioni terroristiche, non implica «alcun apprezzamento di fondo sulla questione della qualificazione del movimento islamico come gruppo terrorista» da parte del Consiglio Ue.

 

Il Tribunale in sostanza ha constatato che gli atti del Consiglio sono fondati non su fatti esaminati e motivati da decisioni delle autorità nazionali competenti ma da imputazioni fattuali emerse dalla stampa o da internet. Le decisioni dell’Ue invece, per essere legali, devono basarsi su elementi concreti. Questioni tecniche che non interessano a Israele che ha reagito con rabbia alle notizie provenienti dal Lussemburgo. Tel Aviv non accetta i chiarimenti dell’Ue, ha protestato Benyamin Netanyahu. «Ci aspettiamo – ha detto il premier israeliano – che l’Ue ridefinisca subito Hamas come organizzazione terroristica… Hamas è parte inseparabile di quella lista e la sua Carta specifica come obiettivo la distruzione di Israele». E puntando l’indice contro l’Ue ha fatto anche un riferimento alla Shoah. «A quanto pare troppe persone in Europa, nella stessa terra dove sei milioni di ebrei sono stati massacrati, non hanno imparato alcunché». Accuse che ha ribadito in serata durante l’incontro annuale con la stampa estera a Gerusalemme. In questo clima incandescente, la portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini, si è affannata a ripetere che si tratta di «una sentenza legale, non una decisione politica…la Ue continua a considerare Hamas un’organizzazione terroristica».

 

Rabbia anche in Egitto. Per il regime del presidente al Sisi la decisione dei giudici «non riguarda l’Egitto, è un affare europeo e non avrà alcun impatto negativo». Il Cairo accusa Hamas di dare aiuto ai gruppi jihadisti che operano nel nord del Sinai e per questo partecipa assieme a Israele al blocco di Gaza e tiene chiuso il valico di Rafah. Un’accusa che Hamas ha sempre respinto.

 

Tutto ciò mentre a Strasburgo, nelle stesse ore, l’Europarlamento approvava tra gli applausi e ad ampia maggioranza (498 sì, 88 no e 111 astensioni) una risoluzione sottoscritta da quasi tutti i gruppi che sostiene in linea di principio il riconoscimento dello Stato di Palestina sulla base dei confini del 1967, appoggia la soluzione a due Stati con Gerusalemme Est capitale palestinese e esorta la ripresa dei colloqui di pace. La risoluzione è stata il frutto della convergenza dei testi presentanti da cinque gruppi, quello del Ppe, del S&D, della sinistra Unita (Gue), dei liberali e dei Verdi, appoggiata anche da alcuni esponenti del M5S.

 

Sempre a proposito dello Stato di Palestina ieri sera si attendevano notizie dal Palazzo di Vetro. Da parte palestinese però è stata annunciata una retromarcia. L’Olp si preparava a presentare non la bozza di risoluzione araba preparata dalla Giordania ma quella francese. Lo ha annunciato il ministro palestinese degli esteri Riyad al-Malki. La bozza sostenuta dai Paesi arabi che chiedeva il ritiro delle forze di occupazione israeliane entro il 2016 non aveva chance di essere approvata a causa della minaccia di veto degli Usa. Quella francese però è decisamente più morbida. Prevede due anni per finire i negoziati e nessuna menzione dell’occupazione israeliana. Ma neanche il riconoscimento di Israele come Stato ebraico.