Uber può essere obbligata a possedere le licenze richieste dalle legislazioni nazionali per i taxi perché non beneficia del principio di libera circolazione dei servizi garantito dall’Ue per i «servizi» della società dell’informazione. Lo ha sostenuto l’avvocato generale della Corte Ue Maciej Szpunar nella causa intentata alla piattaforma digitale americana da un’associazione di taxi spagnola. «Il servizio offerto dalla piattaforma Uber deve essere qualificato come servizio nel settore dei trasporti» ha detto Szpunar. In base a questa interpretazione del diritto comunitario, l’attività di Uber «è soggetta alle condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali negli Stati membri, nel caso specifico il possesso delle licenze e delle autorizzazioni previste dal regolamento della città di Barcellona». «Essere considerati una società di trasporto non cambierebbe il modo in cui molti paesi europei già oggi regolano le nostre attività – è stata la replica dell’azienda – Ci auguriamo che questo non rallenti i necessari processi di aggiornamento di leggi datate». «L’avvocato generale ha dato una chiara indicazione alla Corte sul fatto che Uber debba possedere le Licenze richieste dalle legislazioni nazionali per i taxi – sostengono i sindacati Ugl taxi, Federtsxi Cisal, Uil trasporti, Fit Cisl e Fast Confsal Tpln – ci aspettiamo che anche in Italia, nonostante le fortissime pressioni di politici lobbisti queste conclusioni si concretizzino grazie alla Magistratura che stabilirà le giuste ragioni dei tassisti e dei noleggiatori che chiedono regole certe per tutti, anche per una multinazionale da 70 miliardi di dollari come Uber».