Per la Corte Costituzionale la crisi giustifica il prelievo di solidarietà sulle pensioni puiù alte. Ieri la Consulta ha respinto le questioni di costituzionalità sollevate dalle sezioni regionali della Corte dei Conti in base ai ricorsi di ex magistrati, ex professori universitari e dirigenti di enti pubblici e privati.
Il contributo, stabilito dal governo Letta, scadrà a dicembre di quest’anno ed è stato considerato come un contributo di solidarietà e giustificato come misura eccezionale alla luce della «crisi contingente e grave del sistema».

I giudici costituzionali hanno giudicato il contributo coerente con la legge fondamentale poiché rispetta il principio di progressività e, pur avendo riconosciuto che esso rappresenta un sacrificio per i pensionati, è comunque sostenibile per il loro livello di reddito, superiore da 14 a oltre 30 volte rispetto alle pensioni minime. Si sta parlando delle cosiddette «pensioni d’oro», oltre i 91 mila euro.

La penalizzazione ha colpito, con un taglio del 6%, gli assegni di importo annuo compreso tra 91.343,99 e 130.491,40 euro (fra 14 e 20 volte l’importo della pensione minima, appunto). Il taglio è salito al 12% per le pensioni tra 130.491,41 e 195.737,1 euro. È arrivato al 18% per gli importi superiori.
Per questo tipo di importi, il governo Letta aveva previsto anche una progressiva revisione al ribasso dell’adeguamento Istat sul costo della vita. A favore di queste decisioni si erano dichiarate la Presidenza del Consiglio e l’Inps.

I ricorrenti si erano appellati ad un’altra sentenza della Consulta che nel 2013 aveva trovato fondata la critica di «irragionevolezza» della misura. I redditi da pensione sono già tassati e non c’è ragione di chiedere contributi aggiuntivi rispetto ad altri redditi che contribuiscono ugualmente alle entrate e alle uscite dello Stato.
La Corte costituzionale ha escluso che il contributo rappresenti un prelievo tributario e ha affermato la sua caratteristica «solidale» che, per di più, avviene «nel circuito previdenziale» e in maniera eccezionale.

La sentenza della Consulta, respingendo i ricorsi che contestavano la costituzionalità del provvedimento, scongiura così il rischio per il governo di dovere rimborsare circa 160 milioni di euro a chi ha subito il prelievo.

Si è così stabilito che, alla luce dello stato di eccezione provocato dalla crisi economica, i governi possano attingere per un periodo limitato (in questo caso un triennio, come stabilito della legge di stabilità del 2014) ai diritti acquisiti. A influire su questa decisione – secondo gli avvocati difensori dello Stato e dell’Inps – è stata l’idea che il principio della stabilità di bilancio, e tutto interno al sistema previdenziale, è secondario rispetto alla stabilità complessiva del sistema previdenziale e alla necessità di assicurare un futuro agli altri assegni pensionistici in base alla «solidarietà intergenerazionale».