La Hasbara, “spiegazione” in ebraico, si può descrivere come una sorta di “diplomazia pubblica”. Ed è rivolta in particolare ai paesi occidentali. A svolgerla nella maggior parte dei casi sono privati cittadini israeliani e responsabili di associazioni e gruppi di pressione. Il suo scopo è quello di influenzare le discussioni con i cittadini di altri paesi in modo da far apparire Israele in una luce positiva e da oscurare la questione palestinese e l’occupazione di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. La Hasbara perciò punta a dare spazio ai progressi di Israele nella tecnologia, nell’istruzione, nella cultura, nella tutela dell’ambiente, nel sostegno ai diritti degli omosessuali, temi cari all’opinione pubblica occidentale. Progressi da contrapporre alla “arretratezza” dei palestinesi così da generare simpatia per lo Stato di Israele e sostegno alle sue politiche. Un tempo la “spiegazione” coinvolgeva la parte più motivata e nazionalista dei cittadini ebrei di Israele, ora anche gli “arabo israeliani”, ossia i palestinesi (un milione e 700mila) con passaporto israeliano. E le reazioni non mancano.

La stampa locale riferisce che la scuola “Masar” di Nazareth, città della Galilea popolata da palestinesi cristiani e musulmani, ha chiesto al ministero della pubblica istruzione di interrompere il corso online che tutti gli studenti, anche arabi, devono completare prima di intraprendere viaggi all’estero. Il corso presenta, hanno scritto i dirigenti della “Masar” in una lettera di denuncia, «contenuti politici diffusi con una prospettiva unilaterale…privi di qualsiasi rispetto per le differenze culturali e l’unicità della minoranza araba in Israele». I video rivolti agli studenti, aggiunge la scuola, «mostrano solo persone bianche, attraenti ed eloquenti che, di fatto, sono indicate come modelli per gli studenti». In un filmato l’ex ministro dell’istruzione Naftali Bennett (un nazionalista religioso) si rivolge ai ragazzi con queste parole: «Che tu lo voglia o no andrai come un ambasciatore di Israele e incontrerai persone che potrebbero non essersi mai imbattute in Israele o che lo conoscono solo come un paese dell’Intifada, dove i soldati israeliani sparano ai palestinesi». Il filmato prosegue elencando i successi israeliani, dai microchip per cellulari al sistema Gps Waze fino all’irrigazione a goccia. L’ex ministro ricorda agli studenti che il 99,9% della diplomazia pubblica è come ci si comporta con gli interlocutori, e li esorta a «sorridere, essere educati e non aggressivi».

A sostegno della scuola di Nazareth è intervenuta l’ong Adalah, che si occupa della tutela legale della minoranza palestinese in Israele. «I bambini non possono essere agenti di propaganda dello Stato – ha detto all’agenzia Media Line l’avvocato Nariman Shehadeh Zoabi di Adalah – con questo corso obbligatorio le autorità israeliane costringono i ragazzi palestinesi ad assorbire valori razzisti anti-arabi…Al ministero della pubblica istruzione partono dal presupposto che ogni ebreo o palestinese in Israele debba pensarla come loro. Non danno spazio a un punto di vista differente». Secondo Shehadeh-Zoabi il corso viola «le sezioni della legge sull’istruzione che tutelano la minoranza araba palestinese, i principi di uguaglianza e la pluralità educativa».

I genitori di molti studenti palestinesi accusano le autorità di voler diffondere attraverso i loro figli una narrazione che i cittadini arabi di Israele non possono e non vogliono condividere perché sono in contraddizione con la loro storia e la loro vicenda nazionale. Proteste sono giunte anche da cittadini e studenti ebrei.