«La missione degli Stati uniti è mettere fine all’orrore del regime autoritario del partito comunista cinese». Mike Pompeo ha attraversato una Roma blindata e si è presentato all’incontro con il premier Conte e alla conferenza stampa insieme a Luigi Di Maio con tutto il peso del suo paese alle spalle. Il segretario di stato americano è in visita in Italia con un solo scopo, costruire un fronte atlantico contro la Cina. Punto. Il resto è accademia.

È STATO IN GRECIA, andrà in Croazia, avrebbe voluto vedere il papa ma in Vaticano è stato respinto con perdite, là quel gioco lo praticano da duemila anni e non se lo faranno insegnare da uno che ha scoperto la politica tra West Point e i Tea Parties. Protestare per le persecuzioni religiose degli Uighuri del Xinjang significa svegliarsi con 20 anni di ritardo.
Ma l’Italia no, pare a Washington che quell’alleato abbia bisogno di un rinnovamento del voto atlantico, di una qualche spiegazione sulla linea. E la spiegazione arriva sul solo tema autentico della campagna americana contro Pechino: il 5G, la rete superveloce, e i rapporti con il gigante cinese Huawei che la costruisce.

«Gli Usa fanno appello al governo italiano – dice Pompeo – di considerare in modo attento la sicurezza nazionale e la riservatezza dei dati dei loro cittadini», specie nelle relazioni «con le società tecnologiche che fanno parte dello Stato di sorveglianza» cinese. I comunisti cinesi «sfruttano la propria influenza per i loro scopi strategici, non sono qui per fare partenariati sinceri». Come se i partenariati americani fossero mai stati gratis.

La linea dettata da Pompeo è stata compresa da Di Maio, esponente di punta di un governo che sembra più atlantico di alcuni esecutivi democristiani. «Siamo ben consapevoli – ha detto forse piccato il ministro degli esteri – della responsabilità che grava su ogni paese della Nato quando entra in gioco la sicurezza. Abbiamo ben presenti le preoccupazioni degli alleati statunitensi, la rete 5G sicura è una nostra assoluta priorità». In armonia con l’Unione, naturalmente.

CON LA SCHIENA ben appoggiata sull’Europa, Di Maio ha evitato (come del resto Pompeo) di nominare Huawei, la più grande compagnia privata cinese, a cui gli Usa hanno mosso guerra nel gennaio 2019 incriminandone la vicepresidente Meng Wangzhou, figlia ed erede del fondatore, e avviando una campagna mondiale di demolizione di ogni progetto 5G targato Huawei – l’accusa è di installare backdoor segrete nelle reti che costruisce.

MOLTI PAESI HANNO risposto estromettendo i cinesi dalle future super-reti, solo i più forti si sono limitati a inasprire la sorveglianza pubblica, per garantirsi reti pulite ed evitarsi servitù americane nell’escalation contro Pechino iniziata dal gennaio del 2018 con i primi dazi imposti da Trump – su pannelli solari e lavatrici cinesi, sembrava poca roba ma dietro scalpitavano 336 miliardi di dollari di disavanzo commerciale con la Cina.

ALMENO MIKE POMPEO è un trumpista solare, visibile, che si sente arrivare da lontano. È uno che in un solo anno ha imbottito la Cia di «consiglieri» scelti dall’elenco di Fortune, è uno che sei mesi fa ha chiesto a Trump di licenziargli l’ispettore generale del ministero che criticava l’assunzione di un funzionario per fargli passeggiare il cane e passargli in lavanderia…
Più subdola e assai meno nota è la contemporanea visita in Europa di Keith Krach, sottosegretario di stato americano per la crescita economica, l’energia e l’ambiente. È un protégé di Mike Pompeo, un manager che si è specializzato nell’estrarre dollari dalle tecnologie digitali. È atteso in Lussemburgo, Estonia, Germania, Austria, Belgio, Portogallo, Spagna e Albania. Per lo stesso motivo del suo capo, estirpare i cinesi dall’Europa in generale e dal 5G in particolare. Faticherà solo in Germania.

E HUAWEI HA SCELTO GIUSTO ieri per inaugurare il suo nuovo «Centro per la cybersicurezza e la trasparenza» in Italia, qualsiasi cosa sia esattamente. «È una coincidenza, ci lavoravamo da tanto…», ha giurato educatamente il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchi. «Lavoriamo per aprire il nostro codice sorgente», ha detto, in pratica farsi radiografare da chiunque per fugare ogni dubbio spionistico. Non basterà. Questa è la Nuova Guerra Fredda.