«Ho il dovere di dire sempre la verità. E la verità è che la nostra giustizia è in condizione drammatiche: se dicessi che ho trovato tutte le soluzioni, prenderei in giro gli italiani». È uno dei pochi momenti in cui il pentastellato Alfonso Bonafede dimentica il permanente obbligo alla campagna elettorale e entra nel ruolo del Guardasigilli che sta esponendo la propria relazione annuale al Parlamento sull’amministrazione della Giustizia nel 2018. Dura poco. «Stiamo rispondendo con i fatti», afferma, e promette un «tavolo di confronto con magistrati e con avvocati» per mettere a punto «un disegno di legge delega sulla riforma del rito civile che sarà depositato entro la prima metà di febbraio».

GLI AVVOCATI IN REALTÀ li ha snobbati alla grande quando protestavano contro il blocco della prescrizione introdotto dopo la sentenza di primo grado, ma il ministro coglie l’occasione per smentire gli allarmi delle Camere penali sugli effetti della sua riforma, bollare il dibattito politico che si è sollevato nei mesi scorsi come «pretestuoso e strumentale», e annunciare «massicci interventi sulle cause strutturali della irragionevole durata dei processi».

Le opposizioni protestano più volte durante la relazione; alla Camera addirittura scoppia un baillamme quando, durante la replica, il Guardasigilli dimentica di non essere più un aspirante rivoluzionario e si sbilancia troppo nel difendere il provvedimento «spazzacorrotti»: «La corruzione in Italia non ha bisogno di essere raccontata – afferma – perché si vede a occhio nudo e si vede ogni volta che, dopo un terremoto, crolla una scuola o un ospedale. Dietro quel crollo non c’è solo un evento naturale ma si scopre che dietro c’è una mazzetta». Bonafede si prende un «buffone, buffone!» fino a che il presidente Fico non gli viene in aiuto interrompendo la seduta. Per ben due volte. «C’è un equivoco – si scuserà poi – non era mia intenzione dire che ogni volta che c’è un’opera pubblica, c’è aria di corruzione».

TRA L’INTERVENTO al Senato e quello alla Camera, intervistato da Radio Radicale, il ministro Bonafede riesce anche a dirsi completamente d’accordo con le denunce sulle carceri della dirigente radicale Rita Bernardini: «Le faccio mie. Il problema del sovraffollamento e della qualità della vita: sono tutte denunce sacrosante». E promette progetti che «stanno partendo» e «incontri periodici» di confronto con il Partito radicale. Peccato che Bernardini aveva già partecipato alla riforma dell’ordinamento penitenziario del ministro Orlando buttata a mare completamente dall’attuale governo, e che la ricetta giallo-bruna per combattere il sovaffollamento a base di edilizia penitenziaria è quanto di più distante dall’idea pannelliana di Giustizia.

LA FOTOGRAFIA SCATTATA da Bonafede parla di una grande mole di procedimenti civili da smaltire: 3.215.989 processi di nuova iscrizione per ogni grado di giudizio al 31 dicembre 2018. Nel penale, il problema è ancora più «preoccupante» ma secondo Bonafede il blocco della prescrizione agirà favorevolmente perché «nel 2017 il 9,4% dei processi si sono estinti per prescrizione a fronte dell’8,7% nel 2016. Nello specifico, i procedimenti prescritti sono stati 125.551, dei quali il 25,8% in grado di appello». Nelle carceri poi, «la situazione è drammatica: i detenuti sono 59.569 con un indice di sovraffollamento del 127%. I suicidi sono stati 61 nel 2018». La soluzione? «Al ministero ho costituito una task force sull’edilizia penitenziaria e stiamo cercando di individuare caserme dismesse ed edifici idonei ad essere trasformati in carceri».

Ce ne vorranno molte, però, perché anche le pene sono in aumento. Contro la piaga della corruzione, per esempio: l’Italia, dice Bonafede, «in ambito Ocse, è il Paese con il più alto tasso di corruzione percepita, come emerge da una ricerca curata dall’Eurispes. Tale dato sfiora il 90% e rischia di provocare conseguenze concrete sull’economia nazionale in termini di fiducia nelle istituzioni e nei mercati». Percepita, appunto. Chissà perché.

«L’85% degli italiani è convinto che istituzioni e politici abbiano a che fare con la corruzione», è il dato che fornisce il ministro grillino. In ogni caso, se «7 cittadini su 10 ritengono inefficiente il sistema giustizia italiano e 15,6 milioni di persone hanno rinunciato a intraprendere un’azione giudiziaria per far valere i proprio diritti», malgrado «avvocatura e magistratura italiane siano un’eccellenza», niente paura: il governo «stanzierà oltre 8 miliardi di euro nel bilancio previsionale con un aumento di oltre 320 milioni rispetto a quello precedente».