Ostentava tranquillità ieri Benyamin Netanyahu dopo il nuovo interrogatorio ‎davanti agli inquirenti che indagano sul Caso 4000, la vicenda dei presunti scambi ‎di favori fra il boss dell’azienda di comunicazioni “Bezeq” Shaul Elovitch, ‎proprietaria del sito di informazioni Walla, e il premier israeliano all’epoca dei ‎fatti contestati ministro ad interim delle comunicazioni. A chi, apprendendo di ‎questo nuovo interrogatorio, aveva parlato di un ulteriore peggioramento della ‎situazione giudiziaria del primo ministro, Netanyahu ha replicato facendo sapere ‎di essere «certo» che il Caso 4000 «è alla fine crollato». I fatti, sostiene ‎Netanyuahu, provano «inequivocabilmente» che la copertura mediatica di Walla ‎sotto la proprietà di Shaul Elovitch è rimasta negativa verso di lui, come quando il ‎sito apparteneva ad un altro imprenditore. E nulla, aggiunge, è cambiato in meglio ‎quando è diventato ministro delle comunicazioni. Quindi non avrebbe avuto ‎alcun interesse a prendere decisioni a favore di Walla.‎

‎ Non è detto che questa serenità sia giustificata a conclusione dell’undicesimo ‎interrogatorio che il primo ministro israeliano ha affrontato nelle varie indagini ‎per corruzione che l’hanno coinvolto in questi anni. I media israeliani restano ‎convinti che la polizia sia sul punto raccomandare l’incriminazione di Netanyahu ‎avendo raccolto prove sufficienti. Senza dimenticare che il primo ministro è ‎coinvolto in altre due indagini: i casi 1000 e 2000. Nella prima Netanyahu è ‎sospettato di ricevuto doni per circa un milione di shekel (circa 300mila dollari) ‎da imprenditori miliardari, naturalmente in cambio di favori. Nella seconda il ‎premier avrebbe avviato colloqui riservati per indebolire il quotidiano Yisrael ‎HaYom (che pure è considerato un suo megafono) pur di aver una copertura più ‎favorevole da parte di un altro quotidiano, Yediot Ahronot, da anni critico ‎dell’operato del capo del governo. Ogni decisione ora è nelle mani del procuratore ‎generale Avichai Mandelblit. Tuttavia un eventuale processo contro il premier ‎non avrebbe luogo prima del dicembre 2019, quindi oltre le elezioni politiche ‎generali che si terranno in Israele nel novembre del prossimo anno.

‎ In casa Netanyahu si trema anche per la moglie del primo ministro, Sara, più ‎volte finita sulle prime pagine per un comportamento a dir poco brusco nei ‎confronti del personale di servizio e recentemente accusata dalla procura di aver ‎usato fondi pubblici per ordinare pasti per decine di migliaia di shekel in ristoranti ‎di lusso pur avendo un cuoco pagato dallo Stato nella residenza del premier. I guai ‎per Sara Netanyahu non sono finiti. Ieri l’ex ministro della difesa Moshe Yaalon, ‎in un’intervista, ha sostenuto che la moglie del premier ha avuto il diritto di ultima ‎parola nella scelta del segretario per gli affari militari che funge da intermediario ‎tra le forze armate e il primo ministro. Una situazione che a suo dire avrebbe ‎allarmato anche l’attuale capo di stato maggiore Gadi Eisenkot.

Intanto si allunga la striscia di sangue lungo le linee tra Gaza e Israele. Ieri ‎durante le manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno, i tiratori scelti ‎dell’esercito israeliano hanno ucciso due palestinesi e ferito altri 200. La tregua di ‎cui si parla da settimane sarà annunciata, secondo fonti di Gaza, dopo la festa ‎islamica dell’Adha, quindi alla fine della prossima settimana.‎