Per questo mese è certo Napoli la capitale del teatro italiano. A fianco al Festival, si è aperta una iniziativa di tutto rispetto del Mercadante, teatro nazionale, Scena aperta. In uno spazio, funzionale e suggestivo, nel cuore del Maschio Angioino lo stabile ha intrapreso una propria rassegna, in parte utile a mandare in scena lavori che il lockdown aveva congelato, ma anche dotata di novità originali. Questo fine settimana una prova (che si annuncia straordinaria, come sempre) di Mimmo Borrelli, da solo con uno dei suoi primi testi, Nzularchia, (da giovedì a sabato al Maschio Angioino).

AD INAUGURARE la rassegna però è stato Pappi Corsicato, con la sua personale messinscena (regia, scene e costumi) di un lavoro teatrale di Mario Vargas Llosa, il suo più noto e rappresentato nel mondo, semisconosciuto da noi (traduzione di Ernesto Franco). Il regista, ormai affermato oltre che al cinema anche per seguitissime serie tv, ha trasportato la vicenda da un angiporto peruviano al porto di Napoli, e ha dato corpo sfrenato alle parole dello scrittore. Il testo risale agli anni 80, e nel frattempo l’autore ha vinto il Nobel nel 2010, ed è stato abbastanza presente da noi, soprattutto a Venezia, con i suoi oscillanti «estremismi». La favola ardita che Corsicato ne estrae, è un gioco di corporee geometrie: i quattro marinai «cattivi ragazzi», La Chunga del titolo procace e malinconica ruffiana di una taverna e Mercedes detta Meche apparizione di ogni desiderio e femminilità, destinata a scomparire dopo esser stata concessa alla Chunga per una notte, in cambio del denaro perso al gioco dal marinaio.

QUESTI è interpretato da Francesco Di Leva, ormai notissimo oltre che per il teatro, per il Rione Sanità che da Eduardo ha tratto Martone. Lui e i suoi commilitoni si dividono tra prove atletiche e gioco ai dadi. Ma a dominare la scena sono le due donne, tipologie e magari stereotipi classici, la Chunga corazzata quanto intimamente vibrante di Cristina Donadio, e la bellezza vitale quanto riflessiva di Meche, Irene Petris. Sono loro a condurre  il gioco, anche forse lontano dal prevedibile, e senza sentirsi minimamente in dovere di rivelarlo, ai marinarozzi e tanto meno a noi spettatori. Tra canti, danze e «provocazioni» di ogni genere, lo spettacolo affascina e inquieta, oltre a divertire. Corsicato (assistito dall’esperienza scenica di Raffaele Di Florio) promette qui un nuovo terreno di ironica e passionale misura.