In tre lustri, dal 1959 al 1974, Mina diventa un elemento familiare nelle case degli italiani, grazie alle sue meravigliose canzoni che monopolizzano l’hit parade. E a una fortunata serie di performance televisive che sono musica, teatro, sketch, discorsi, intrattenimento di qualità. Le pietre miliari dello spettacolo di quegli anni sono i tre cicli di Studio Uno (1961, ’65 e ’66), Sabato sera (1967), Canzonissima (1968) Teatro 10 (1972) e Milleluci (1974) dove la ragazzona lombarda di prorompente vitalità con eyeliner e capelli corti è presentatrice, conduttrice, cantante. Una padrona di casa che ospita figure illustri come Ugo Tognazzi, Adriano Celentano, Vittorio Gassman, Totò, Amedeo Nazzari, Walter Chiari, Marcello Mastroianni, Rossano Brazzi, Lucio Battisti che con lei si esibiscono in duetti e scenette passati alla storia.
Su Youtube e RaiPlay ci sono centinaia di episodi ancor validissimi, le spettacolari immagini in biancoenero, dove si viene facilmente colpiti dalla semplicità della scenografia, dalle sue straordinarie doti canore e dalla telecamera che segue ondeggiamenti e mosse mimate da balletto, con la sua corporeità amabilmente goffa e ironicamente sexy, specchio della sua libertà nelle scelte musicali e nella vita privata (dal 1962 al 1964 sarà esiliata dalla Rai per il suo legame con Corrado Pani, un uomo sposato, dal quale avrà un figlio, Massimiliano), simbolo delle tumultuose trasformazioni della società d’allora. Così si può riandare alla «fantastic top singer» al Rolf Harris Show, un popolare varietà della Bbc, nel 1968, interpretando Brava, il pezzo di assoluto virtuosismo vocale scritto dal maestro Bruno Canfora, un divertissement quasi dadaista alternando «voce da usignolo», «trillo da uccellin» e «fiato da balena» con un’estensione da tre ottave.

https://youtu.be/uSCw2_MdPAM

O UN ALTRO video della tv giapponese, anno 1961 (oggi introvabile perché eliminato per violazione del copyright) dove Mina s’incuriosiva della cultura tradizionale locale, provando a indossare un kimono, prima di cantare Anata to warashi (Tu ed io) con una strofa finale in italiano. Gli anni televisivi sono quelli della piena maturazione di una diva, in grado di calarsi in un repertorio smisurato, cantando i classici napoletani o le melodie beatlesiane, le canzoni d’autore o le marcette brasiliane, puntando su una sublime capacità espressiva e una mostruosa padronanza tecnica risultando, al tempo stesso, raffinata e popolare, vicina alla sensibilità allegra dell’Italia del boom economico.
Il suo saluto, Ancora ancora ancora, è un videoclip sigla finale della trasmissione Mille e una luce del 1978, un video sensuale e allusivo del regista Piero Turchetti, tutto concentrato sul suo volto, occhi truccati e glitterati, bocca in primo piano, la lingua birichina, le mani che graffiano, con un testo sin troppo esplicito, opera di Cristiano Malgioglio (su musica di Gianpietro Felisatti), «Io ti chiedo il tuo corpo ancora ancora/ le tue braccia ancora/ di pigliarmi ancora/ fammi morire ancora». Video subito censurato dai funzionari democristiani, ancora oggi di suprema carica erotica per la sua inevitabile ultima apparizione televisiva.