Un fremito interno, irrefrenabile nel variare di forza e di estensione, si muove con individuale bellezza in Chapter 3 – The Brutal Journey of the Heart, spettacolo inaugurale di Torinodanza Festival 2021 firmato da una delle autrici più folgoranti della coreografia di origine israeliana, Sharon Eyal. A lungo danzatrice di punta della Batsheva Dance Company di Ohad Naharin, di cui è anche stata direttrice associata e coreografa residente, Eyal collabora anche per Chapter 3 con il suo compagno di vita, Gai Behar, co-autore del lavoro: insieme hanno fondato nel 2013 la compagnia in scena da ieri (repliche stasera e domani pomeriggio) al Teatro Carignano di Torino: L-E-V, che in ebraico significa cuore e non certo senza motivazione. Il festival, diretto da Anna Cremonini, è uno dei coproduttori dello spettacolo saltato dall’edizione 2020 causa pandemia, Chapter 3, perché The Brutal Journey of the Heart chiude una trilogia centrata sull’amore, partita con OCD Love, sull’Obsessive Compulsive Disorder, proseguita con Love Chapter 2, entrambi ospitati al festival nel 2018. Un’inaugurazione attesa, in emozionante simbiosi con il motto del festival, Dance me to the end of Love, perché è un desiderio complesso e infinito quello che si respira da cima a fondo nello spettacolo di Eyal, un pezzo che per 55 minuti ci porta, con i suoi sei eccellenti danzatori, tre maschi e tre donne, dentro le radici dinamiche del tema centrale, l’amore, viaggio brutale, come indica con acutezza il titolo, senza cedere mai al racconto, alla narrazione, alla messa in scena di storie e personaggi.

IL MOVIMENTO è pieno di sfumature grazie a una coreografia che si snoda tra muscoli e nervi, evidenziata dai costumi aderenti color pelle screziati da disegni neri che richiamano la natura e arricchiti simbolicamente da un cuore rosso. A firmarli Maria Grazia Chiuri, stilista e direttore creativo di Christian Dior Couture, che con Eyal ha già più volte collaborato. Il “viaggio brutale” parte con i sei che si muovono all’unisono, ma separati, senza toccarsi: esprimono un’energia individuale e collettiva che dal singolo abbraccia il gruppo e la scena, complice anche la musica di Ori Lichtik, compositore che da sempre lavora con L-E-V e che per Chapter 3 firma un avvolgente sound in vitale trasformazione. Il fremito iniziale dei corpi ha la dolcezza di una canzone alla chitarra, ondulazione dei fianchi, inarcamento delle schiene, braccia che si spalancano, ma anche mani che si stringono ai colli. La luce calda diventa a un tratto più livida, azzurrata: la musica cambia, la voce non è più canzone, ma suono disteso, il gruppo si stringe, la danza si fa via via di contatto, intrecciandosi in mobili duetti e insiemi con autentica sensualità. Ancora mutazioni di luce e di suono, diventato percussivo, tribale, africano.

NESSUNO dei sei esce di scena per tutta la durata del lavoro, ma dal gruppo emergono i singoli, mentre gli altri arretrano per un po’ nell’ombra senza mai abbandonare il fremito del corpo. La voce torna infine sospesa, i corpi separati con le mani a conchiglia sotto il mento mentre la coreografia si riallarga nello spazio. Il fatto è che Eyal e Behar in Chapter 3 ci conducono con onestà dentro i colori delle sensazioni, temperature emozionali graduate con mobilità, tra accensioni, conflitti, attimi di completa armonia e di solitudine. Uno spettacolo senza fronzoli, che va con lucidità dritto alla meta, di pura, luminosa coreografia.