La relazione tra musica e movimento è una costante della storia della danza, tuttavia non è altrettanto consueto, per questioni produttive e non solo, assistere a spettacoli di danza, al di là di quelli nati per le compagnie di repertorio, i cui autori possano permettersi in modo continuativo la musica dal vivo. Doppiamente perciò plaudiamo all’iniziativa congiunta del Festival Milanoltre, seguito al Teatro Elfo Puccini, e di Torinodanza Festival che hanno coprodotto in collaborazione con altre istituzioni le ultime, suggestive creazioni di due coreografe italiane, Simona Bertozzi e Cristina Kristal Rizzo, con musica eseguita in scena.
Tra le linee è il titolo del progetto firmato in tandem da Simona Bertozzi e dal violoncellista Claudio Pasceri che, in occasione dei 250 anni dalla nascita di Beethoven, si sono confrontati con Die Grosse Fuge op. 133 per quartetto d’archi, intrecciata alla prima assoluta di Ad Io di Riccardo Perugini per violoncello ed elettronica e al debutto italiano di Zwischen den Zeilen di Wolfgang Rihm per quartetto d’archi.
Bertozzi ha mano solida nella scrittura coreografica che articola con particolare sapienza nel gioco delle articolazioni, nel fluttuare del focus del movimento tra le parti del corpo, nel gusto dello sbilanciamento e del recupero, nella gioia ginnica eppure sofisticata del rimbalzo per la scena. Il quadro iniziale è aperto dalla melodia sospesa per estratti di Perugini. I danzatori sono a terra, in penombra, avvolti in un leggero cellophane. Quasi un prologo d’attesa, un po’ lungo nell’economia strutturale dello spettacolo, che ci traghetta a Rihm e a Beethoven in un’atmosfera interrogativa risolta, quasi d’improvviso, dalla danza.

IL PRIMO ad apparire dei cinque interpreti (tra cui Bertozzi) è Manolo Perazzi, un corpo che, tra baldanzosi fuori asse in slancio sui piedi, si infila nelle pieghe della musica, dando più pungente avvio alla relazione. Perazzi gioca la propria partita nella metà sinistra del palcoscenico, gli farà da elegante contrappunto coreografico sulla destra Giulio Petrucci. La danza si muove dentro il capolavoro beethoveniano, tra nitidi duetti femminili, come quelli di Oihana Vesga e Sara Sguotti, momenti solistici, mobilissime visioni d’insieme. Tra i cinque, che mai si toccano nelle dinamiche energetiche, si sviluppa un volumetrico spazio in movimento, tenuto insieme dai margini fluidi dei corpi. E il nitore del segno fuggevole eppure precisissimo si apre nella cantabilità trascinante della Fuge fino a far sorridere i volti e i corpi, lasciando volare verso gli spettatori il sentire potente della resistenza. Restano impresse le immagine stagliate negli aranci e nei verdi delle luci mai banali di Giuseppe Filipponio, quei corpi-silhouette in fondo, in piedi con il pugno alzato, il cerchio fanciullesco nell’aderenza al culmine beethoveniano, la penombra che ci riporta all’attesa del finale con Rihm.
Annamaria Ajmone, Jari Bolrini, Sara Sguotti, Kenji Paisley-Hortensia sono i protagonisti di Toccare – The White Dance firmato da Cristina Kristal Rizzo, coreografa, nonché danzatrice che chiude il cerchio del quintetto del secondo nuovo progetto italiano tra musica e danza.

“Le nuits barbaresque”, foto di Frederique Calloch

QUESTA VOLTA l’apporto della danza si sviluppa in relazione alla riscrittura di Les Pièces de clavecin di Jean-Philippe Rameau curata dal compositore Ruggero Laganà in cui il Settecento si apre a una intrigante revisione attuale della musica. Realizzata nell’ambito di Mi-To Settembre Musica, la creazione trasforma la scena in un quadro impalpabile dell’idea stessa del «tocco», qualcosa che appartiene ai corpi del danzatori come alle mani dei musicisti e che in questi tempi drammaticamente segnati dalla pandemia incarna la sottigliezza di un gesto di cui percepiamo la bellezza del movimento: come la nascita sottile di un desiderio prima della realizzazione del toccare qualcosa o qualcun altro. Guanti rossi, vedendo i quali non si può non pensare a un gioco di citazioni con uno degli ultimi capolavori di William Forsythe, A quiet evening of dance, il pezzo di Rizzo trova il suo «tocco» nel vivere la musica attraverso una fluidità che svetta in Annamaria Ajmone, una danzatrice autrice di folgorante presenza.

GIUNTO alla sua 34a edizione, Milanoltre ha costruito la sua programmazione 2020, per forza di cose ridotta in alcune ospitalità dall’estero, a una visione estesa al 2021, titolata Dal bacino del Mediterraneo alla via della Seta. Coinvolgente quest’anno il messaggio politico del coreografo franco-algerino Hervé Koubi, che con il potente cast maschile de Les nuits barbares ou les premiéres matins du monde ha portato la riflessione del festival sul rapporto con ciò che sta di fronte ai nostri mari. Chiusura festival in questo weekend con i 25 anni dello Spellbound Contemporary Ballet di Mauro Astolfi e con la video/performance di GianMarco Porru de Le Sacre du Printemps per il Centro Nazionale di Produzione della Danza DanceHauspiù.