Il contagio in Israele cresce con numeri vicini a quelli elevati di aprile. Eppure il ministro della sanità Yuli Edelstein esclude un nuovo lockdown nonostante il paese sia stato investito da una seconda ondata del coronavirus forse più insidiosa della prima. Nella riunione del governo di ieri ha prevalso il timore di infliggere un nuovo colpo all’economia in grande difficoltà. Anche le autorità palestinesi non parlano di chiusura totale. Hanno però ordinato l’isolamento completo, per alcuni giorni, delle città Hebron e Nablus, le più grandi della Cisgiordania, dove si registra il maggior numero di casi positivi. Le due popolazioni faticano ad accettare la nuova emergenza e per il momento resta limitato il rispetto delle misure di contenimento annunciate dai rispettivi governi.

 

In Israele ieri sono stati registrati 459 nuovi casi positivi, la maggior crescita giornaliera dal 22 aprile (556).  Il tasso di contagio è del 2,7%, il più alto mai registrato dall’inizio dell’epidemia che ha fatto 308 morti. Gli ospedali nei giorni scorsi hanno riaperto i reparti per i malati di Covid-19. Virologi e medici prevedono scenari da incubo con molte migliaia di infetti e numerose vittime. La settimana passata il virus aveva percorso i centri abitati beduini del Negev. Negli ultimi giorni i picchi maggiori si sono verificati a Bat Yam, Bnei Brak, Elad, Tel Aviv, Giaffa, Gerusalemme e Petah Tikva.

 

Il governo si prepara a proclamare altre “zone rosse” e lunedì il premier Netanyahu aveva annunciato multe salate per chi non indosserà la mascherina. Ma niente lockdown. «Ci sono alcuni centri rosso-arancione che definiamo zone riservate. Chiedo a coloro che vi risiedono di accettare le misure necessarie per spezzare la catena dell’infezione. Non attueremo un blocco totale, optiamo per una chiusura che consenta di respirare», ha detto ieri Edelstein aggiungendo che con la cooperazione delle autorità locali «otterremo lo stesso risultato: rallentare la diffusione del contagio e meno pazienti».

 

Sale la preoccupazione anche nei territori palestinesi occupati. Il numero complessivo dei casi positivi in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, riferiva ieri la ministra dalla sanità dell’Anp, Mai al Kaile, è salito a 1.363, 167 più di lunedì. Di questi, almeno 79 a Hebron. I decessi sono stati finora cinque. Con ogni probabilità i contagi in crescita a Hebron dipendono dalla vicinanza della città ai centri abitati beduini nel sud di Israele. A Gaza, chiusa da oltre dieci anni nella morsa del blocco praticato da Israele ed Egitto, la situazione appare ancora sotto controllo. Sono 72 i casi positivi dall’inizio della pandemia con una sola vittima.