Aggiornamento dell’8 marzo alle ore 11.30

Il presidente del consiglio Conte, dopo una drammatica conferenza stampa alle 2.20 di notte ha firmato il nuovo decreto che regola le attività nelle Regioni più colpite e su tutto il territorio nazionale. Il testo ufficiale qui.

Fino al prossimo 3 aprile 16 milioni di italiani non potranno entrare e uscire dall’intera Lombardia più diverse province (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti, Alessandria, Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli) se non per motivi di lavoro o di cura.

Chiusi praticamente tutti i luoghi di possibile affollamento tranne centri commerciali, supermercati, bar e ristoranti.

Nel resto del paese fortemente sconsigliati i viaggi più chiusure di gran parte dei luoghi di maggiore affollamento.

Il governo si raccomanda di rispettare le disposizioni e di adottare comportamenti semplici ma importantissimi contro la diffusione del virus:

  1. lavarsi spesso le mani
  2. non darsi la mano e mantenersi a distanza di almeno 1 metro dalle altre persone
  3. gli over 65, i soggetti più a rischio, dovrebbero limitare al massimo i contatti con altre persone e uscire di casa solo se necessario
  4. non toccarsi con le mani occhi, bocca e naso.

In mattinata, inoltre, è risultato positivo al Covid-19 anche il governatore del Piemonte Alberto Cirio.

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E’ il capo della Protezione civile Borrelli ad annunciare, nel report quotidiano sullo stato del contagio, l’arrivo del dcpm che ridisegna i confini delle zone rosse. Le misure, messe a punto dal premier e dal ministro della Sanità Speranza in continuo contatto sia con la Protezione civile che con il Comitato tecnico-scientifico, sono «adeguate e proporzionate», prosegue Borrelli. I dcpm in realtà dovrebbero essere due: il secondo è atteso per oggi, e le misure sono proporzionate a una condizione di gravità estrema, con la curva dei contagi che non accenna a invertire la direzione anche se calano in compenso i ricoveri.

L’INTERA Lombardia sarà una sorta di «zona arancione». Non proprio rossa, perché nessuno arresterà chi viola le disposizioni: una democrazia non può adottare il metodo cinese. Ma il dcpm parla senza perifrasi di «limitazione assoluta della mobilità». Significa che si potrà entrare o uscire dalla Regione solo in presenza di «gravi e indifferibili motivi di lavoro o di famiglia». La limitazione assoluta non riguarda solo la Lombardia. La misura si estende infatti anche alle province di Alessandria, Asti, Modena, Padova, Parma, Piacenza, Pesaro, Reggio Emilia, Rimini, Treviso e Venezia. La richiesta è anche di limitare la mobilità interna alle zone in questione. Si aggiungerà il divieto per i parenti di entrare nei pronto soccorso e la chiusura di tutte le palestre, piscine, spa e centri benessere, teatri, e musei. Obbligo di rinvio anche per le riunioni di lavoro, con calda raccomandazione di procedere, ovunque possibile, con lo smart work. Il decreto prevede poi la sospensione, oltre che degli eventi pubblici, anche delle attività sciistiche. In molte province, infatti, nonostante la vicinanza con le aree contagiate le piste erano nei giorni scorsi affollate.

IL DECRETO che dovrebbe essere emanato oggi riguarderà invece l’intero territorio nazionale. Disporrà la chiusura di pub, sale scommesse, sale giochi e discoteche ovunque ed è probabilmente slittato a oggi perché Conte sta cercando una strada per sostenere i gestori, che rischiano di essere messi in ginocchio da una chiusura la cui durata del tutto incerta. Formalmente i divieti stabiliti dai due decreti arrivano fino al 3 aprile ma, proprio come nel caso della chiusura delle scuole, è un termine ipotetico nel quale in realtà non spera nessuno. Per rispettarlo, tanto per quanto riguarda le scuole quanto per le misure stabilite tra ieri e oggi, ci vorrebbe un mezzo miracolo. Tra le misure che dovrebbero essere disposte oggi ci sarà anche il divieto di organizzare feste o eventi pubblico. Per bar e ristoranti, sia nelle zone blindate che in tutto il Paese resta l’obbligo di mantenere i clienti a distanza di sicurezza o di chiudere se non in grado di rispettare la norma.

LA DECISIONE di Conte e Speranza, prevista anche se non in misura così larga e drastica, è arrivata dopo un giorno segnato dagli appelli sempre più drammatici della Lombardia. Il governatore Fontana aveva incontrato i sindaci dei 12 comuni capoluogo e al termine aveva chiesto «misure stringenti e rigorose» ma anche «regole certe, chiare e inequivocabili», senza le quali sarebbe impossibile chiedere alla comunità i sacrifici necessari. Ancora più drammatico l’appello degli operatori dei reparti delle terapie intensive, che hanno evocato il rischio di una «catastrofe sanitaria in assenza di tempestive e adeguate disposizioni». L’appello è stato raccolto dalla Protezione civile. I malati in terapia intensiva non contagiati dal Coronavirus saranno trasferiti negli ospedali di altre regioni, liberando così spazio per i nuovi contagiati. E’ una boccata d’ossigeno ma difficilmente basterà senza contare l’eventualità di nuovi focolai fuori dalle regioni sin qui interessate. Per questo palazzo Chigi e la Sanità stanno già da giorni ipotizzando l’apertura di nuovi reparti, sfruttando le strutture militari. Anche a questo dovrebbero servire i 7 mld stanziati per assumere 20mila tra medici, infermieri e operatori sanitari ma anche le attrezzature necessarie per le terapie intensive e subintensive.

Una situazione particolarmente grave si sta creando nelle carceri, dove la situazione è molto pesante a tutti i livelli. Ieri la decisione di sospendere i colloqui per tutti i detenuti in Campania ha provocato proteste a Napoli e quasi una rivolta proseguita per ore a Salerno. La protesta è rientrata in serata ma il nodo delle carceri è uno di quelli che il governo dovrà presto decidersi ad affrontare.