Sono «la banda dello spray». Sei ragazzi giovanissimi (tra i 19 e i 22 anni) e un ricettatore più vecchio (65 anni), tutti di Modena e dintorni. Passavano i weekend in giro per le discoteche del Centro e del Nord Italia (con occasionali puntate all’estero: Repubblica Ceca e addirittura Disneyland, secondo gli investigatori) a derubare le persone seguendo un copione consolidato, prima una spruzzata di spray al peperoncino e poi l’incasso, approfittando della calca che generavano.

L’8 DICEMBRE SCORSO, però, il colpo è andato a finire male. Corinaldo, provincia di Ancona, al Lanterna Azzurra un migliaio di persone aspettava il concerto di Sfera Ebbasta. Lo spray al peperoncino scatena, come previsto, il panico, ma la situazione degenera: il pubblico comincia a spingere verso le uscite, si accalca, si ammucchia, si fa groviglio inestricabile. Muoiono in sei (cinque minorenni e una mamma di 39 anni), i feriti sono quasi duecento. Una notte in cui l’inferno è durato lo spazio di pochi minuti, addirittura prima dell’arrivo del cantante nel locale.

IERI MATTINA LA PROCURA di Ancona annuncia l’arresto della banda: due diciannovenni di San Prospero, un ventunenne marocchino e un ventenne di Bomporto, un diciannovenne di San Cesario sul Panaro e un sessantacinquenne di Castelfranco Emilia. Secondo gli investigatori ci sarebbe anche un altro ragazzo, diciannovenne anche lui, che però durante le indagini è morto in un incidente stradale. Per gli inquirenti, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorso, i sei ragazzi erano al Lanterna Azzurra dove «si rendevano responsabili di rapine ai danni di cinque giovani avventori del locale e di furto con strappo di collane d’oro», tra le vittime anche chi cercava di soccorrere le persone a terra. Una volta terminato il colpo, la refurtiva sarebbe stata portata fuori dal locale in tutta tranquillità. Le accuse, dunque, sono di associazione a delinquere finalizzata ai furti e alle rapine e omicidio preterintenzionale.

LA STORIA DELLA BANDA dello spray apre uno squarcio piuttosto inquietante su un’impresa criminale che ha del clamoroso: gli accusati arrivavano a incassare anche 15mila euro a settimana e la loro presenza è stata accertata in una sessantina di discoteche (con almeno undici colpi messi a segno), in Italia e occasionalmente anche fuori dai confini nazionali. I sette non si erano fermati nemmeno dopo la strage di Corinaldo, ma si sono comunque fatti più accorti: basta spray per scatenare il panico – probabilmente avevano paura di essere riconosciuti e collegati ai fatti del Lanterna Azzurra – ma un taser per provocare gli stessi effetti: panico, fuggi fuggi e mani lunghe nel caos. I proventi dei furti e delle rapine poi finivano in un Compro Oro di Castelfranco Emilia, che comprava la refurtiva senza fare troppe domande. Mediamente gli incassi si aggiravano sul mezzo chilo di monili e di preziosi al mese: 15mila euro, appunto, che poi venivano divisi in parti uguali. «Il gruppo criminale – ha detto la procuratrice capo di Ancona, Monica Garulli, durante la conferenza stampa di annuncio degli arresti – è stato incastrato dalle intercettazioni e dall’analisi delle celle telefoniche, ma anche dai passaggi Telepass e dai gps dei telefonini».

GLI INTERROGATORI di garanzia andranno in scena nella giornata di domani. Nell’ambito dell’inchiesta sui fatti di Corinaldo ci sono altre diciassette persone: i gestori del locale, i proprietari, gli addetti alla sicurezza, il sindaco Matteo Principi, i componenti della commissione di vigilanza sul pubblico spettacolo che rilasciarono i permessi per il locale.

C’è tutta una parte dell’inchiesta della procura di Ancona, infatti, che riguarda il mancato funzionamento dei dispositivi di sicurezza del locale. Troppi biglietti venduti, carenze strutturali, errori nei piani di evacuazione.

C’è una perizia dello scorso maggio in cui si legge a chiare lettere che il Lanterna Azzurra non sarebbe stato «idoneo alla destinazione a locale di pubblico spettacolo ed è tale da non garantire, in caso di emergenza, le necessarie condizioni di sicurezza». Non solo, secondo gli investigatori, «la capienza massima era stata ampiamente superata». Un concorso di fattori che ha portato alla strage, un domino scatenato dalla spruzzata di peperoncino nell’aria.

Sul caso è piombato subito come un avvoltoio il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che invoca «galera certa e senza attenuanti».

Gli arrestati di ieri, comunque, non sono gli unici a portare avanti attività del genere. Tra le intercettazioni raccolte nell’ordinanza del gip si capisce che, proprio la sera del Lanterna Verde, c’era un gruppo concorrente con le stesse mire: un (per ora) misterioso «gruppo dei genovesi».