Per quanto il messaggio di fine anno di Kim Jong-un abbia ribadito le costanti minacce e i toni anti-americani, le parole del dittatore nord coreano contenevano un’apertura importante nei confronti della Corea del Sud. Arrivare a un eventuale negoziato da una posizione di forza era quanto voleva il «Brillante leader».

DEFINIRSI PAESE «NUCLEARE», nonostante lo scetticismo al riguardo della comunità scientifica internazionale, e mandare messaggi di apertura a Seul proprio nell’imminenza dei giochi olimpici invernali al via il 9 febbraio in Corea del Sud, devono essere parse condizioni ideali.

Un’apertura importante, un segnale, ma non certo la fine della tensione nella penisola. Seul naturalmente ha risposto, dichiarandosi disponibile e anzi indicando una data e un luogo, a dimostrare come dopo la tensione sia volontà di tutti procedere in modo spedito verso una prospettiva pacifica.

UNA SOLUZIONE TEMPORANEA che garantisca lo svolgimento delle olimpiadi invernali senza test, lanci missilistici e tensioni in grado di «sporcare» l’immagine dei giochi della Corea del Sud è quanto vuole Seul. Dopo la «diplomazia del ping pong», celebre definizione dell’avvicinamento negli anni ’70 tra Cina e Stati uniti in concomitanza con i mondiali di tennis da tavolo allora in Giappone, ecco dunque arrivare sullo scenario asiatico la «diplomazia del pattinaggio».

Gli incontri «di alto livello», infatti, dovrebbero anche risolvere la situazione della coppia di pattinatori nord coreani qualificatisi per le Olimpiadi ma non ancora iscritti ufficialmente ai giochi (in verità la scadenza dei termini era al 31 ottobre, ma se la situazione si risolverà basterà un invito ufficiale del Cio». Il 9 gennaio 2018 dunque, a Panmujon avverrà l’incontro. La scelta della sede è chiara: la «casa della pace» è il luogo nel quale venne firmato l’armistizio al termine della guerra tra le Coree, mai conclusa con un vero e proprio trattato di pace.

«IL GOVERNO – ha annunciato ieri il ministro per la riunificazione, Cho Myong-gyon – propone di tenere colloqui intergovernativi di alto livello tra il Sud ed il Nord» affinché si possa discutere la possibilità che la Pyongyang  mandi i propri atleti alle Olimpiadi invernali.
«Noi speriamo – ha aggiunto il ministro – che il nord ed il sud possano sedersi faccia a faccia, discutendo la partecipazione della delegazione nordcoreana ai Giochi di Pyeongchang come le altre questioni di interesse reciproco per migliorare i rapporti».

LE DICHIARAZIONI DI CHO sono arrivate dopo che lo stesso presidente sudcoreano Moon Jae-in si era espresso in modo positivo dopo le parole di Kim: «Le Olimpiadi – ha detto Moon, che fin dal momento della sua elezione aveva lasciato intendere di essere disposto a negoziare con Pyongyang – potrebbero essere una chance rivoluzionaria».
Moon ha poi esortato tutti i ministri coinvolti a «presentare rapidamente delle misure per la rapida ripresa del dialogo tra le due parti» in modo da assicurarsi che la delegazione di Pyongyang possa effettivamente partecipare ai giochi.

A ESULTARE, A SUO MODO, per questa rinnovata prospettiva di dialogo è stato anche il presidente Usa Trump. La sua «analisi» come al solito è avvenuta su Twitter. Trump ha scritto che i toni usati dal leader nordcoreano nei confronti di Seul, sarebbero il risultato di «sanzioni e altri tipi di pressione» che starebbero finalmente funzionando contro la Corea del Nord. «Rocket man – ha proseguito Trump utilizzando il soprannome utilizzato già in passato per indicare Kim- ora per la prima volta vuole parlare con la Corea del Sud. Forse è una buona notizia, forse no. Vedremo!».
Vedremo, anche perché la prospettiva di un dialogo taglierebbe in pieno la «muscolarità» dell’intervento Usa nell’area: Seul non a caso ha ribadito nei giorni scorsi di non voler proseguire le esercitazioni congiunte con gli Usa, proprio per preservare questa improvvisa luce di pace.