Avviso ai leader ai tempi del Covid-19: è la gestione dell’emergenza sanitaria che decide il vostro futuro politico.

È il messaggio che arriva dalle elezioni legislative in Corea del Sud, dove il Partito Democratico di Moon Jae-in ha ottenuto 180 seggi su 300, la più vasta maggioranza nell’assemblea nazionale dalla transizione democratica del 1987.

Conquistata con l’affluenza più alta (66,2%) dal 1992, nonostante la pandemia.

UN CAMBIO DI MARCIA drastico, se si pensa che finora il presidente ha governato con una maggioranza di un solo seggio. Ora invece non avrà più bisogno di alleanze. Dimenticati i deludenti risultati economici, lo stallo del dialogo con Pyongyang e qualche scandalo tra le fila governative.

I rischi legati alla privacy e a un possibile ritorno dell’autoritarismo, su cui ha insistito l’opposizione, non hanno spaventato gli elettori. Più importanti la sicurezza sanitaria e il riconoscimento internazionale al modello di contenimento coreano. Anche se proprio a Daegu, il focolaio principale, la maggioranza non ha conquistato neppure un seggio. Al contrario di quanto successo a Seul, dove i conservatori si sono salvati solo nel distretto posh di Gangnam, con l’affermazione del defector nordcoreano Thae Yong-ho, ex viceambasciatore di Pyongyang a Londra.

NON È L’UNICO CASO: eletto col proporzionale anche l’attivista Ji Seong-ho. Non basta allo United Future Party, che incassa la quarta sconfitta elettorale consecutiva dopo la destituzione di Park Geun-hye. Hwang Kyo-ahn, battuto dal possibile candidato presidente Lee Nak-yoh, ha lasciato la guida di un partito chiamato alla rifondazione. La riforma elettorale, che ha portato per la prima volta alle urne i diciottenni, non è bastata per aumentare il pluralismo: solo 17 seggi a indipendenti e partiti minori, esclusi i satelliti dei due big.

Cresce il numero degli eletti under 40 (11 contro i 3 del 2016) e delle donne (57, il 19% del totale, contro 51) e ora ci si aspetta che Moon provi a incidere su disoccupazione giovanile (risalita al 9% a febbraio) e del divario retributivo (il più ampio tra i paesi Ocse). Che cosa aspettarsi dagli ultimi due anni di mandato (pieno) del presidente? Un extra budget per far fronte alle conseguenze dell’epidemia, la ristrutturazione dell’economia con biofarmaceutica e intelligenza artificiale, la messa in discussione del dominio dei chaebol, i grandi conglomerati a guida famigliare.

Moon non potrà invece riformare la costituzione, obiettivo per cui gli sarebbero serviti i due terzi dei seggi. Il presidente acquisisce una posizione di forza anche in politica estera. Tenterà il rilancio del dialogo con la Corea del Nord, magari con la sponda cinese, considerati i miglioramenti delle relazioni, come dimostra la cooperazione sanitaria (che ha fatto arrabbiare molti sudcoreani) e commerciale.

SEMPRE PIÙ DIFFICILE un accordo con gli Usa sulle spese militari. Alla vigilia delle elezioni, Mark Esper ha ribadito la richiesta di aumentare i contributi. «La Corea del Sud è un paese ricco e deve pagare di più», ha detto il segretario americano alla Difesa, mentre 600 mila kit diagnostici da Covid-19 venivano imbarcati da Seul per Washington.

Lo stallo potrebbe proseguire fino alle elezioni per la Casa Bianca. Anzi, si potrebbe aprire una nuova contesa, visto che la Blue House potrebbe rilanciare la riforma militare, che mira all’ammodernamento tecnologico e alla riappropriazione del comando operativo in tempo di guerra, in mano agli Usa sin dai tempi del conflitto coreano.

L’obiettivo non è la rottura dell’alleanza, ma un ribilanciamento. L’andamento della pandemia dirà quanto capitale economico avrà a disposizione Moon per provare a realizzare le sue riforme. Di certo non gli mancherà più il capitale politico.