Rafforzare la capacità di risposta militare, piuttosto che puntare soltanto sulla strategia del dialogo indicata dell’iniziativa di Berlino. L’uno-due di Kim Jong-Un, che domenica ha condotto il sesto test nucleare preceduto, martedì, dal lancio di un missile Hwarong-12, ha spostato il governo di Seul verso la linea dura, mettendo in secondo piano la politica della porta aperta che l’amministrazione del nuovo presidente sudcoreano Moon Jae-in aveva tentato di impostare.

Pyongyang – a detta dell’intelligence del Sud (che non esclude anche il settimo ordigno atomico) – potrebbe procedere a breve con un nuovo test balistico intercontinentale. Forse già il prossimo 9 settembre, per celebrare l’anniversario della fondazione della Repubblica democratica popolare di Corea.

Il nuovo indirizzo è stato delineato dal ministro della Difesa, Song Young-moon, ai parlamentari della Commissione sulla sicurezza nazionale. Seul ha messo in azione gli F-15 e postazioni missilistiche terrestri per simulare un attacco al sito nucleare nordcoreano di Punggye-ri. Saranno installati anche i quattro lanciatori del sistema anti-missile Thaad, bloccati lo scorso giugno dal presidente Moon, perché non considerati una priorità e in attesa di una valutazione d’impatto ambientale.

A Seul inizia a prendere forma la convinzione che il presidente, un avvocato liberale con un passato da attivista per i diritti civili, e la sua amministrazione, siano stati marginalizzati all’interno dell’alleanza a tre con Giappone e Stati Uniti.

Nel tardo pomeriggio di ieri il capo di Stato sudcoreano non era ancora riuscito a parlare con Donald Trump, che al contrario domenica aveva avuto uno scambio di vedute con il premier giapponese Shinzo Abe. Domenica sera, nel commentare il test atomico, il presidente Usa si era inoltre spinto a criticare apertamente il ruolo da «colomba» di Moon, dettato dalla certezza che un precipitare bellico della crisi avrebbe come teatro di guerra la penisola coreana stessa.

«La Corea del Sud, come avevo detto, sta scoprendo che i discorsi di riconciliazione con il Nord non funzionano, capiscono soltanto una cosa», ha cinguettato Trump, lasciando intendere che quell’unica cosa altro non è se non lo sfoggio della forza. Il quotidiano JoongAng Ilbo sottolinea come non sia neppure la prima volta che i due leader tardano a sentirsi. Era già successo con il test missilistico nordcoreano dello scorso 28 luglio. Passarono dieci giorni prima della chiamata.

Al tweet del tycoon dalla Corea hanno quindi risposto di conoscere «l’esperienza della guerra fratricida». Vicenda che non intendono ripetere sul proprio territorio, puntando pertanto alla denuclearizzazione della penisola con mezzi pacifici e assieme agli alleati.

Moon intanto si è trovato concorde con Abe nel chiedere di alzare «a un livello completamente nuovo» la risposta contro il regime, prendendo «le misure più forti possibili». A sua volta, con l’attenzione dei cittadini più concentrata sul fidanzamento della principessa Mako, il governo di Tokyo punta a rafforzare le proprie difesa missilistica. Da quando, una settimana fa, lo Hwarong-12 ha sorvolato l’isola settentrionale di Hokkaido senza essere intercettato, solo monitorato, negli gli ambienti politici nipponici si discute di armamenti.

Il ministero della Difesa punta all’approvazione di un budget da 160 milioni di dollari per ampliare il proprio arsenale, il che porterebbe la spesa militare dell’arcipelago a 48 miliardi di dollari, in aumento del 2,5% su base annua e con una mossa che rischia di irritare la Cina, percepita a sua volta come pericolo per le dispute territoriali nel Mar cinese orientale e meridionale.

Ma mentre in Corea del Sud i sondaggi condotti dall’agenzia Yonhap dicono che la maggioranza della popolazione sarebbe a favorevole a dotare il Paese di proprie armi nucleari (gli Usa rimossero le loro nel 1991), in Giappone resta forte l’opposizione all’atomo. Ne sono testimoni gli hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, che pur attaccando Kim e la sua corsa all’atomica restano convinti che il ruolo di Tokyo sia portare Stati Uniti e nordcoreani al tavolo delle trattative.