Ieri il portavoce del ministero degli esteri cinese ha ribadito alla Bbc «la preoccupazione» di Pechino per l’attuale situazione nord coreana: in risposta alle affermazione dei giorni scorsi del vice ministro degli esteri coreano, secondo il quale Pyongyang sarebbe pronta a effettuare un test missilistico a settimana, Lu Kang ha specificato che «la Cina è seriamente preoccupata dall’escalation della tensione intorno alla Corea del Nord e al suo programma nucleare e ci opponiamo alle parole e alle azioni che possano esacerbare ulteriormente la situazione».

Azioni e parole che ieri, per fortuna, non sono arrivate a scuotere giornate di grande incertezza; le affermazioni del portavoce del ministero degli esteri cinesi, infatti, sembrerebbero confermare le recenti difficoltà che Pechino starebbe incontrando ad aprire un canale di dialogo con Kim Jong-un, viste anche le mancate risposte alla richiesta di incontro da parte del funzionario cinese responsabile delle relazioni con la Corea. Almeno ufficialmente, quindi, la Cina sembra indicare un chiaro impegno nella risoluzione della crisi, accompagnato però da parole che portano a credere che non si sia ancora granché vicini a una soluzione accettabile dalle parti. L’intento di Pechino sembra essere quello di portare tutti a un tavolo, in modo da ridiscutere la situazione militare della penisola coreana nel suo complesso, non solo quella a nord del 38esimo parallelo. Ieri Pyongyang si è limitata a far parlare di sé per un video proiettato durante una kermesse canora: immagini di un missile lanciato ed esploso sul territorio americano con un finale applauditissimo dai militari presenti, di fronte a una bandiera americana in fiamme. Dal canto loro gli Usa ieri si sono dovuti occupare della portaerei refrattaria alle boutade di Trump, in quanto impegnata nel mare indonesiano per una prevista esercitazione, anziché nei pressi della penisola coreana come annunciato dal presidente americano ormai una settimana fa. L’«armada» però sembra aver recuperato la rotta ed essersi definitivamente indirizzata verso l’obiettivo, dove dovrebbe approdare il 25 aprile. E Mike Pence anche ieri ha ribadito che «con il presidente Trump lo scudo è in guardia e la spada è pronta».

Nel frattempo ieri sono intervenuti sulla crisi anche Russia e Unione europea. Particolarmente interessante la presa di posizione di Mosca, perché negli ultimi anni Putin si è avvicinato a Pyongyang in termini di sostegno economico e diplomatico, tanto da far pensare che Kim abbia snobbato la Cina proprio grazie a questa nuova «amicizia». La Russia ha bollato come «irrazionale e senza prospettive» una eventuale politica sanzionatoria per esercitare pressioni sulla Corea del Nord. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, spiegando che «ora è necessario continuare gli sforzi politici e diplomatici anche con i formati internazionali che si sono dimostrati efficaci». Sostegno alla Corea del Nord quindi e solo in parte al piano cinese (che potrebbe invece prevedere sanzioni).

Ieri a Pechino era presente Federica Mogherini, l’alta rappresentante per le politiche estere e di sicurezza della Ue, in occasione del settimo «Dialogo Strategico tra Cina e Ue». Al termine dell’incontro Mogherini ha dichiarato di sostenere «la denuclearizzazione della penisola, la de-escalation delle tensioni e il ritorno al dialogo». La situazione nella penisola è «tesa e complessa», ha poi dichiarato il Consigliere di stato cinese, Yang Jiechi (una sorta di secondo ministero degli esteri di Pechino), nel corso della conferenza stampa congiunta con Mogherini al termine dell’incontro.