Settantacinquesimo test missilistico da quando Kim Jong-un è al potere: diciassettesimo fallito. Gli altri 58, però, erano riusciti. Trump ha reagito senza troppi proclami, ma con un furbesco sarcasmo che rende chiara la posta in gioco che non riguarda solo la Pyongyang ma gli equilibri mondiali.

Il presidente americano ha infatti scritto su Twitter che «Kim ha mancato di rispetto a Xi Jinping». Il comportamento naive o fintamente tale di Trump sta creando un problema al giorno a Pechino. Nelle scorse settimane aveva raccontato ai media americani di avere ascoltato da Xi Jinping una spiegazione della complessità della situazione in Corea, raccontando altresì che Xi gli avrebbe detto che la Corea sarebbe sempre stata sotto «il controllo della Cina».

Apriti cielo: a Seul hanno cominciato una battaglia verbale nazionalista contro la Cina che non ha favorito eventuali dialoghi con Pechino. E ora con questo tweet, nel quale inserisce la concezione tutta cinese di un padre, la Cina, che ha a che fare con un figlio poco disciplinato, la Corea del Nord, irride Xi Jinping che fino a ieri era stato definito come «grande amico» e come leader che ce la stava mettendo tutta per trovare una soluzione. Sforzi dinnanzi ai quali Kim Jong-un ha dimostrato una clamorosa indifferenza, visto l’ennesimo tentativo missilistico.

Ma più i giorni passano più è chiaro come le carte giocate dal giovane leader siano finite in un mazzo molto più grande: ieri il Giappone di Abe, da sempre vicinissimo agli Usa, ha ribadito che finché la situazione rimane così, con una Corea che non accetta di fermare la propria corsa al nucleare, non ci sarà alcuna possibilità di dialogo a sei, ovvero quanto la Cina spera di rimettere in piedi. Non solo perché da ieri Usa e Corea del Sud hanno cominciato le loro esercitazioni previste da tempo e contro le quali da giorni la Cina cerca un argine.

Di contro la Cina ha ribadito la necessità – come fa dall’inizio della crisi – di trovare un dialogo, così come Mosca, che ieri ha avvicinato le sue posizioni a quelle cinesi, sottolineando la provocazione data da una presenza militare massiccia nell’area da parte degli Usa.

La situazione che si va prefigurando è ancora una volta quella di uno scontro tra due mondi, quello a guida americana alla ricerca di mantenere un controllo totale, e quello di Cina e Russia che si oppongono a questo ruolo da parte di Washington e rivendicano le proprie sfere di influenza.

Ieri perfino il presidente filippino Duterte è intervenuto sulla crisi, in modo insolitamente pacato, chiedendo a Trump di non cadere nelle provocazioni della Corea del Nord e «a non fare il gioco di qualcuno che ama lanciare missili», per per scongiurare il rischio di un «olocausto» nucleare.

Sembra che Trump sappia bene che per gli Usa si tratta di un momento propizio: mettere in difficoltà la Cina proprio quando Pechino mira a farsi guida di un nuovo mondo globalizzato, così come Pechino dovrebbero davvero ragionare su quale parte della barricata stia favorendo il giovane leader coreano con i suoi comportamenti.