Occhio per occhio, o tit for tat, come si dice più leziosamente in inglese. Mosca rimanda al mittente l’espulsione di – esattamente – ventitré funzionari presso l’ambasciata britannica della capitale russa con dei pesanti interessi: la chiusura della sede moscovita del British Council, l’agenzia d’irradiazione globale del soft power nazionale, più il consolato di S. Pietroburgo. L’ambasciatore Laurie Bristow è stato convocato presso il ministero degli Esteri e, in un meeting di tre minuti o poco più, si è visto consegnare la lista di nomi non grati. Subito dopo ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Faremo sempre tutto il necessario per difendere noi, i nostri alleati e i nostri valori contro attacchi che non sono solo contro il Regno Unito, ma contro quel sistema di regole internazionali su cui tutti i Paesi, Russia compresa, dipendono per la propria sicurezza.”

La contromossa arriva tre lunghi giorni dopo la speculare iniziativa di Londra, che mercoledì aveva espulso altrettanti diplomatici russi in ritorsione per l’attacco con un agente nervino di fabbricazione russa ai danni dell’ex spia doppiogiochista Sergej Skripal e di sua figlia, avvenuto lo scorso 4 marzo davanti a un centro commerciale in pieno centro di Salisbury, cittadina del Wiltshire, Inghilterra sudoccidentale.

Per Theresa May il fatto non cambia minimamente la sostanza di quanto accaduto, ovverosia “Il tentato assassinio di due persone su suolo britannico”, per cui non c’è alternativa al “Concludere che ne sia colpevole lo Stato russo. È la Russia a essere in flagrante violazione della convenzione internazionale sulle armi chimiche”, come già aveva detto giorni fa.

Ed è sempre la Russia a dover rispondere a una serie di urgenti domande sulla responsabilità effettiva di quest’atto di aggressione, secondo May e i suoi agguerriti ministri di Esteri e Difesa, rispettivamente Boris Johnson e Gavin Williamson. Entrambi si sono espressi in termini assai pesanti, puntando il dito contro Vladimir Putin – probabile vincitore per la quarta volta delle elezioni politiche in corso oggi: sarebbe lui il mandante. Le loro dichiarazioni hanno fortemente indispettito Mosca che, nelle parole del portavoce dello stesso Putin, Peskov, ha definito l’attacco personale al presidente come “imperdonabile”.

Jeremy Corbyn – falsamente accusato due settimane fa dai soliti Sun e Daily Mail di essere stato una spia comunista negli anni Ottanta – sembra l’unico a mantenere un minimo di freddezza sulla questione, che qui viene sistematicamente rivenduta come attività “un-british,” antibritannica. Intervistato dalla Bbc alla conferenza regionale del Labour di Newcastle, il leader laburista ha detto che “Dev’esserci un limite in certe dichiarazioni così da mantenere un rapporto” con la Russia, per poi aggiungere: “Non approvo il governo russo su questioni come i diritti umani, delle persone LGBT, sulla Cecenia, su gran parte della sua politica estera. Significa forse che non dobbiamo parlarci? Esattamente il contrario.” Quanto alla disinvoltura accusatoria dei ministri di sua maestà: “Alla base di ogni affermazione o accusa devono esserci delle prove, ci vuole più sangue freddo, non ci si può comportare da pistoleri.”

Intanto le vittime del tentato omicidio, Skripal e sua figlia Julia, sono ancora in ospedale in condizioni critiche. Non ne sono ancora state rilasciate immagini ufficiali dagli inquirenti, al contrario di quelle della Bmw dell’ex spia, divulgate perché il pubblico possa fornire informazioni al fine di ricostruire gli spostamenti dei due il giorno dell’attacco.