Contestato subito dall’ala blairiana del Labour e ieri anche da qualche imprecisato partecipante al gay pride di Londra (in cui ha sfilato), Jeremy Corbyn si è difeso laconicamente: «Ho fatto tutto quello che ho potuto».
Più circostanziato invece in conferenza stampa, dove ha detto che non si dimette, che il partito è libero di sfiduciarlo dopo pochi mesi dalla sua elezione alle primarie, che se così fosse si ripresenterà.
Corbyn affronterà il voto di sfiducia a scrutinio segreto del suo gruppo parlamentare lunedì: «Non penso che la gente del Labour voglia vedere il partito passare i prossimi mesi a discutere della leadership», ha detto.
La preoccupazione di alcuni circoli, dichiarata apertamente e ogni giorno ormai, è che Corbyn non sia presentabile come primo ministro in caso di elezioni anticipate.
Al contrario, Corbyn ha lanciato una campagna del partito centrata sull’immigrazione, lo sviluppo industriale e la disuguaglianza economica.