«Non è nell’interesse nazionale, ma solo nell’interesse del partito di Theresa May di aiutarla a restare aggrappata al potere». Così Jeremy Corbyn ha seppellito l’accordo fra May e il Dup nordirlandese per un governo di minoranza capace di sostenere l’immane pressione della negoziazione per la British Exit e pattuito su un miliardo di sterline destinate a Belfast. E ha aggiunto: «L’austerità ha fallito. I tagli a fondamentali servizi pubblici devono essere bloccati in tutto il Regno Unito, non solo in Irlanda del Nord».

IL LEADER LABURISTA, trionfatore morale di elezioni politiche tra le più scombussolanti mai conosciute dalla Gran Bretagna, è reduce dal battesimo spettacolare di Glastonbury, dove ha citato Shelley davanti a moltitudini di estatici giovani lower/upper middle class (un biglietto per il festival costa circa 300 euro) in una performance assai più trascinante di quella del parrocchiale Ed Sheeran, che ha concluso un festival bagnato una volta tanto di sole.

DURANTE LA VISITA, Corbyn si è lasciato sfuggire con Michael Eavis, il proprietario sulla cui tenuta il festival si svolge dal 1970, che entro sei mesi sarà diventato primo ministro, oltre alla controversa – perché contraria alla posizione ufficiale del partito – intenzione di eliminare il progetto di sottomarini nucleari Trident. Se c’è qualcosa che potrebbe dare uno straccio di stabilità a questo governo è proprio l’avversione del Dup nei confronti dello stesso Corbyn per via delle sue posizioni storiche sui troubles.

QUELLA DEL REPUBBLICANO Corbyn primo ministro di Sua (lesa) maestà è una possibilità che fino a qualche settimana fa appariva impossibile. Ma l’ultimo sondaggio YouGov pubblicato dal Sunday Times ha confermato il sorpasso stupefacente del segretario laburista su Theresa May nell’idoneità a fare da guida al Paese: un contesto in cui la superiorità schiacciante della leader Tory l’aveva sospinta verso l’orrido delle politiche anticipate. Dopo la tragedia di Grenfell non solo il Labour è avanti di cinque punti sui Tories, con il 45%: secondo lo stesso campione di 5000 persone, l’indice di gradimento di May è a -17 punti, mentre quello di Corbyn a +17.

È IN ASSOLUTO LUI, con la sua mite determinazione a cogliere l’irripetibile occasione storica che si prospetta a una forza di sinistra europea capace di rinnovarsi dall’interno, il protagonista di quest’ultimo anno di turbolenza politica. Dodici mesi in cui gli ultimi due leader conservatori hanno rispettivamente assestato il colpo mortale della Brexit e della snap election a quella stabilità che faceva del Paese modello ultimo dalla stampa borghese: l’«interesse nazionale», appunto.