Dialogo tra sposi: «Quando sono iniziati i nostri problemi?». «Forse quando ti sei fatto crescere i baffi». Confessione alla mediatrice: «Io e Robert non ci baciamo da anni, intendo appassionatamente, insomma, con la lingua…» pausa «Non ci baciamo da quando si è fatto crescere i baffi. Sono lì, come la coda di un cagnolino… sempre umidi». Tutto comincia (e finisce) con i baci. Navigando qua e là ho trovato qualche informazione su Divorce, serie prodotta da HBO andata in onda per la prima volta il 9 ottobre di quest’anno e che sta proseguendo ogni domenica sera. Sono stati trasmessi ancora solo cinque episodi, pochi per dare un giudizio forse, abbastanza per averne tratto impressioni e emozioni. Frances, la protagonista interpretata da Sarah Jessica Parker, è una moglie che tradisce.
È una donna che, ad una festa molto alcolica, comunica al Robert, il marito (Thomas Haden Church), di desiderare il divorzio. Una donna a cui vengono intercettate le telefonate dell’amante e che passa subito dalla parte della colpevole. È una donna che viene rigettata da un amante non all’altezza della situazione. È una madre che vuole proteggere i suoi figli. Una donna che ha percorso la via del piacere dimenticando momentaneamente il bene degli altri, dei suoi parenti, del nucleo familiare. Come dichiara alla terapista: «È stata un’occasione e ho preso la decisione sbagliata, ho commesso un enorme errore».

I paradossi classici delle serialità americane, ci sono tutti: Nick, l’uomo a cui, durante un party a casa sua, è stata puntata una pistola contro dalla moglie e a cui è venuto un infarto dallo spavento, che resta in coma per le prime puntate e Robert, l’amico cornuto, che va in ospedale per rincuorarlo e invece lo sommerge di parole come fosse in un confessionale fino a farlo risvegliare quel tanto che basta a dirgli di tacere; il parlare esplicitamente di sesso, arrivando a paragonarlo col müesli; i racconti fedifraghi sessuali tra amiche avvenuti solo tra Frances e Dallas, escludendo Diane che si offende; Dallas che, fumando, telefona con voglia di piangere all’amica ma non fa in tempo a sfogarsi e le dice che la richiamerà, perché riesce a piangere solo con qualcuno testimone, in una sorta di sesso al telefono tradotto in pianto al telefono (come spiegava milioni di anni fa Domenico Modugno nella strappalacrime Piange il telefono): nell’inquadratura successiva scopriamo che Dallas è una psicoterapeuta.

Dalla consulente matrimoniale Robert pretende di sapere tutti i dettagli della relazione sessuale vissuta dalla moglie, per riacquisire lo spazio della fiducia. Alla precisa domanda di quanti rapporti sessuali fossero intercorsi con l’amante Frances ci pensa bene e poi dice: trenta-trentadue. Il marito perde la testa: aveva un altro numero in mente. Lei gli chiede quale. Lui, sfinito, risponde: due. «Pensavo di voler sapere e invece non è così», aggiunge, umiliato dalla quantità. Poi le chiede ancora: “Gli hai mai detto di amarlo?”. Lei risponde subito di no. Ma a me che guardo, per qualche ragione, viene da dubitare che sia vero. L’uomo passa la patata bollente: «Devo prendere i bambini e dirgli che tu vuoi divorziare da me. Io gli dirò il fatto e tu spiegherai i dettagli». La differenza tra una tresca fisica e una tresca emotiva, equiparazione impari. Cercare di non mettere in mezzo i figli, poi i figli che se ne fregano perché l’avevano già capito, il cane come sostituto paterno, l’amante che la cerca e lei equivoca e invece lui le vuole solo chiedere di bloccare il marito dalle molestie via sms. C’è tutto nei primi sei episodi che ho visto della serie, non manca niente. Solo la voglia di saperne di più.

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