Il comune di Roma ha presentato ieri ricorso al Tar del Lazio contro il decreto del prefetto del 31 ottobre scorso che prevede l’annullamento della trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero. Proprio ieri però il Tar ha respinto la richiesta urgente di due delle coppie gay registrate di procedere contro l’annullamento del prefetto, in quanto non c’è, motiva il tribunale amministrativo, «quel carattere di indifferibilità e urgenza che giustifichi una decisione prima che l’iter di deposito sia completato». Il ricorso del Campidoglio definisce il decreto del prefetto «palesemente nullo, illegittimo, ed errato» in quanto, sostiene Roma Capitale, né il prefetto né lo stesso sindaco – che si è limitato a trascrivere, non a celebrare le nozze – hanno il potere di «intervenire sugli atti di stato civile né, per derivazione, di ordinare l’annullamento delle trascrizioni». Solo il Tribunale può farlo, secondo il Comune. Anche a Milano, come è avvenuto già a Bologna, il prefetto ha ordinato al sindaco di cancellare la pubblicizzazione degli atti di matrimonio contratti all’estero. Ma considerata l’inattaccabilità dei rifiuti opposti dai sindaci – «Io non cancello nulla, il prefetto nomini un commissario», ha detto il bolognese Merola – il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione del Ncd che diffida i sindaci lombardi a imitare i loro colleghi e invita i prefetti a «nominare un commissario ad acta che annulli le trascrizioni», come è già successo ad Udine. La mozione invita anche il legislatore a «dirimere definitivamente la questione delle unioni civili, garantendo al contempo il rispetto dell’art. 29 della Costituzione e il valore dell’istituto della famiglia naturale fondata sul matrimonio».